Ci sono idee che funzionano solo se ti decidi a levare del tutto il freno a mano. Bisogna avere il coraggio di premere sull’acceleratore fino in fondo, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze. Probabilmente si finirà per perdere il controllo e deragliare in territori imprevisti, ma era un rischio che sapevamo di correre. Anzi, che speravamo di correre. Altrimenti si finisce come nei film Marvel, dove il senso di sorpresa e meraviglia lo devi cercare con il lanternino. Perché per quanto possano intrattenerci, si tratta di prodotti in plastica. Ipercontrollati. A prova di turbamento.
Faccio questo piccolo preambolo perché Odio Favolandia di Skottie Young vorrebbe porsi come la cosa più pazza del mondo. Scritta e disegnata senza pensare troppo a cosa avrebbe comportato. «Questo libro sono io che faccio esattamente il libro che volevo fare, senza pensare a nient’altro. Non al pubblico, all’editore, al mercato, ai rivenditori. Solo io», raccontava l’autore direttamente dal sito della Image. E questo si traduce in litri di sangue, geyser di vomito, qualche velato riferimento alle droghe psicotrope, una protagonista (forzatamente) psicopatica e tanti personaggi tenerosi da ridurre in poltiglia. Il che non sarebbe neanche male. Certo, non sono più gli anni Novanta, e certe cose non fanno più ridere, almeno dagli Happy Tree Friends in poi. Ma ognuno rimane libero di divertirsi come meglio crede.
Ciò che rende questa serie davvero fastidiosa, e che la fa fallire sotto ogni punto di vista, è come cerchi in ogni modo di mascherare la sua evidente inoffensività sotto tonnellate di provocazioni da tardo-adolescente rimasto indietro rispetto a tutti i suoi compagni. Nella stessa intervista citata pare essersene reso conto anche il giornalista, definendo la serie come «violenta e oltraggiosa, ma non in senso maturo». Young dal fatto suo risponde che «a prima vista questo libro potrebbe sembrare per tutte le età. Ma se tuo figlio di quattro anni ha uno stomaco debole, potrebbe non gradire il cervello della luna sparso ovunque, seguito da stelle massacrate in massa. Ma chi può dirlo, giusto?». Che provocatore, signora mia. Abbiamo trovato il GG Allin della nostra generazione.
Tutta la serie ruota attorno a Gertrude, una bambina risucchiata a Favolandia da un desiderio troppo avventato e ora alla ricerca della chiave per potersene ritornare a casa. Da questo spunto parte una delirante vicenda a base di violenza e sproloquio – in rigoroso gergo favolense – dove la Nostra non perde l’occasione di dimostrarci quanto sia instabile e predisposta alla mutilazione altrui.
Odio Favolandia non funziona proprio a causa della protagonista. Avrà anche l’aspetto di una ragazzina, eppure a ogni occasione ci viene ricordato come in realtà sia un’adulta intrappolata in un corpo che le strane regole del regno fatato hanno congelato all’infanzia. Quella che vediamo non è una ottenne dotata di una particolare inclinazione alla violenza, ma una maggiorenne ben consapevole di quello che certe pratiche comportano. Fatto che racchiude il concept di base in una safety-zone non indifferente. Come dire che i bambini li lasciamo stare, non penseremmo mai di coinvolgerli “per davvero” in qualcosa che potrebbe turbarli.
Suona curioso, allora, come la piccola Gertrude, sebbene cresciuta, non abbia sviluppato il minimo impulso sessuale. Forse perché dare alle stampe un fumetto dove una ragazzina di neanche dieci anni si trastulla come una navigata ultratrentenne potrebbe risultare un poco indigesto. E non basta certo una avance a un principe ranocchio per renderla più umana. A conti fatti, dell’idea iniziale – in verità, non banale – sono stati presi solo gli aspetti utili a mettere in scena un teatrino Grand Guignol all’acqua di rose, evitando con cura quelli realmente pericolosi.
Passano gli anni e la regola pare sempre quella: possiamo mettere in scena tutta la violenza che vogliamo, ma guai a sconfinare in territori più pruriginosi. E non sarebbe neppure questo gran problema, ormai sono anni che conviviamo con questa ‘sensibilità’. Se certe derive avessero perso la loro aurea di tabù ancora proibito, probabilmente l’ero-guru giapponese, o certi autori alfieri del sottosuolo più ingiustificabile alla Mike Diana, tanto per fare due esempi, non avrebbero – ancora oggi, a decenni di distanza – tutta questa potenza destabilizzante. Ben venga quindi la divisione del mondo in due: tra chi certe cose le detesta, e chi invece riesce a godersele. Il problema è quando cercano di convincerti che quello che stai sfogliando è davvero un fumetto irriverente. Magari mettendo una bambina che fa il dito medio in apertura.
Non che essere provocatori sia un obbligo. Di opere-ultraviolente-senza-la-minima-intenzione-di-scandalizzare ne è piena la storia, e nessuno si è mai lamentato. L’intera prima parte della carriera di Peter Jackson, sopratutto Braindead, è più un omaggio ai Looney Tunes che un autentico attacco alla morale. I suoi film li vedevi perché trasudavano idee e intuizioni geniali, non certo per i litri di sangue e i metri di intestino srotolati davanti all’obbiettivo. Però, e qui sta il punto, le idee e le intuizioni bisogna averle. Skottie Young ne ha avuta solo una: disegnare pupazzetti color frutta candita mentre muoiono male. Sebbene le tavole siano effettivamente ben realizzate, non riservano nessuna finezza – o in questo caso bassezza – in grado di stupire davvero. L’unico frangente, gustosamente e saporitamente, rivoltante è la temporanea trasformazione di Gertrude in un mostro adiposo e tumescente in seguito alla sua alimentazione sconsiderata. Una parentesi, visto che dura solo una pagina.
Anche lo scontro dall’interno con nemici enormi sarebbe potuto risultare interessante, se non fosse che era già stato interpretato in maniera molto più centrata, dalle Powerpuff Girls di Craig McCracken. Nella puntata “Insect inside” si parlava del confronto tra bellezza interiore ed esteriore. All’appello da parte del loro padre-creatore di non cedere alla tentazione di giudicare qualcuno solo dalle apparenze, le tre protagoniste pensavano bene di farsi inghiottire dal mostro gigante di turno per poi dilaniarlo dall’interno. Dopo aver constatato, naturalmente, quanto fosse brutto anche dentro. Detto per inciso: c’è più scorrettezza in questa vecchia gag in un cartone animato per bambini che in tutto il volume di Odio Favolandia.
Senza arrivare a tirare in ballo l’incredibile – e davvero oltraggioso – Squeak the Mouse di Massimo Mattioli, sono molti gli esempi di disturbante reso con il linguaggio dell’infanzia. Di cui molti diretti proprio a preadolescenti. L’esempio più famoso potrebbero essere gli Sgorbions di Art Spiegelman e Mark Newgarden. Basta sfogliare la raccolta edita qualche anno fa dalla Abrams Books per rendersi conto di quanti pochi problemi i due autori si fecero al momento dell’ideazione della serie di figurine. Riferimenti alla sessualità, alle condizioni sociali, alle dipendenze, agli abusi di ogni genere. Più quelle illustrazioni avrebbero disgustato i genitori, più sarebbero piaciute ai loro pargoli. E infatti finirono per rendere questa loro intuizione “degenere” un enorme successo commerciale e un piccolo punto fermo della cultura pop degli ultimi trent’anni. Il loro fu un enorme salto nel vuoto, premiato da una risposta da parte del pubblico davvero fragorosa. Tutto in virtù dell’aver osato qualcosa in più del ragionevole.
In un’installazione vista qualche anno fa in occasione della Design Week milanese, mi pare all’interno di qualche esposizione di tesi universitarie, campeggiava la scritta «La felicità ti fa sorridere, ma il disgusto ti fa ridere». Come a dire che blandendo il pubblico potrai anche risultare piacevole, ma per suscitare qualcosa di davvero importante – e sono ben poche le cose più importanti di una risata – qualche colpo ben assestato alla bocca dello stomaco dovrai pur piazzarlo. La questione sta quindi tutta in due punti: a) nell’avere il coraggio di sferrarlo, questo benedetto cazzotto a tradimento; b) nel sapere come colpire il bersaglio nel migliore dei modi possibili. In Odio Favolandia, Skottie Young ha evitato in ogni modo di esporsi davvero. Cercando oltretutto di convincerci esattamente del contrario. In altre parole: en plein negativo.
Odio Favolandia vol. 1
di Skottie Young
Bao Publishing, 2016
136 pagine a colori, € 18,00