Erik Kriek, è un fumettista che proviene dall’Olanda, paese di cui fumettisticamente parlando in Italia si sa relativamente poco. Da questo punto di vista, l’edizione 2015 di Treviso Comic Book Festival ha dato un grande aiuto, ospitando l’Olanda con una mostra che spaziava dai talenti giovani ai maestri dell’underground (come Peter Pontiac o Joost Swarte), e ovviamente anche Kriek stesso.
Ormai giunto al secondo libro pubblicato in Italia (In the Pines, uscito pochi mesi fa per Eris Edizioni a due anni di distanza da H.P. Lovecraft. Da altrove e altri racconti), Kriek è stato ospite dell’ultima edizione di Napoli Comicon, presentando appunto In the Pines, dove lo abbiamo incontrato, raccogliendo l’intervista che segue. Di In the Pines abbiamo già parlato; è un’antologia che afferma lo stile gotico moderno di Kriek, uno stile che sia narrativamente che graficamente amalgama con coerenza un moltitudine di influenze. A comporre l’immaginario che caratterizza le opere di Kriek: la letteratura gotica (guardando ai classici e intramontabili HP Lovecraft, Edgar Allan Poe, su tutti), il fumetto horror di stampo EC Comics, il cinema horror più tradizionale e seminale, e in questo caso, la musica, country e popolare della tradizione americana.
Perché hai scelto di raccontare a fumetti una selezione di canzoni?
Tutto è nato a seguito di un progetto collettivo promosso in Olanda, chiamato Strips in Stereo, a cui presi parte. Eravamo più autori chiamati a interpretare a fumetti una canzone, e io lavorai appunto a una murder ballad. Trovai quel lavoro molto stimolante, per il semplice fatto che univa le due mie passioni principali, il disegno e la musica, permettendomi peraltro di affrontarle con l’approccio che più mi è congeniale, quello cupo e gotico. Trovandomi a voler produrre un nuovo libro pensai quindi che continuare con altre murder ballad sarebbe stato l’ideale.
Come hai scelto le varie ballate?
Be’, si potrebbe dire che quelle che ho rappresentato siano praticamente le più popolari o le meglio riuscite. Perché alla fine le murder ballad nella tradizione sono a decine o centinaia, ma poi i temi e le storie si riducono sempre agli stessi, cioè direi appunto quelli che ho scelto. Io poi ho puntato a prendere questi scheletri di storie molto brevi, per forza di cosa poiché entravano in una canzone, e li ho ampliati o mi sono immaginato attorno a essi dei contesti e degli scenari. Ho inoltre scelto quelle che mi avrebbero permesso di variare maggiormente sul tema base e aggiungere delle prospettive di lettura aggiuntive, raccontando il fatto, senza giudizio.
Che tipo di fumetti ti hanno ispirato?
Leggo molto, ma non mi piace farlo mentre produco un libro in particolare. Perché sono quel tipo di artista che poi si lascia troppo influenzare, ne sono consapevole. Quindi quando lavoro cerco di tenermi in una sorta di bolla, lontano dalle tentazioni. Mi piace studiare il lavoro degli altri e, mio malgrado, mi ritrovo talvolta a notare nel mio lavoro tratti assorbiti involontariamente da altri. Per questo dico che faccio molta attenzione.
Hai detto che la musica è una tua passione. Sei musicista?
Sì, ho una band, suoniamo musica country tradizionale, quindi in linea con lo stile delle ballate del libro. Nel gruppo siamo tutti disegnatori, artisti. Io suono la batteria, ci chiamiamo The Unborn Brothers (QUI la loro pagina Facebook e QUI un video live. NDT).
In In the Pines come nel tuo precedente libro dedicato all’opera di H.P. Lovecraft l’oscurità sono centrali. Tu lavori molto come illustratore, oltre che fumettista. Consideri il fumetto una valvola di sfogo espressiva?
Sì, diciamo di sì. Io non produco fumetti come unico lavoro, quindi quando li realizzo voglio che rispecchino i miei gusti e le mie passioni. Ed è il caso, appunto, di In the Pines, ma lo stesso vale anche per il libro di adattamenti di Lovecraft. Anche in In the Pines ho trovato inoltre un elemento di fascinazione nelle ambientazioni Ottocentesche americane. Che, fra l’altro, non si può dire siano ben situate in un punto preciso della Storia. Raccontare degli standard narrativi come quelle ballate – che sono brevi e non hanno specifiche di luogo o tempo – mi ha permesso di sbizzarrirmi con gli scenari, arricchirli, aggiungere del mio.
Com’è la scena fumettistica in Olanda?
L’Olanda è un paese piccolo ma la scena c’è, e anche per questa caratteristica è molto proiettata verso l’estero. Siamo dunque molto stimolati a confrontarci con realtà più ampie. Io stesso con quest’ultimo libro ho lavorato subito pensando alla pubblicazione all’estero, collaborando anche con Eris, che prima hanno visto la prima storia e poi hanno assistito alla realizzazione del resto del lavoro.