Una edizione integrale di 700 pagine, pubblicata da Panini (per l’etichetta 9L) riporta in Italia uno dei personaggi a fumetti più significativi degli ultimi trent’anni: Luca Torelli, in arte Torpedo, gangster e sicario nato dalla penna dello sceneggiatore spagnolo Enrique Sanchez Abulí nel 1981.
Da Alex Toth a Jordi Bernet
Torpedo iniziò la propria storia editoriale sulle pagine della rivista spagnola Creepy. Le sceneggiature di Abulí vennero consegnate al disegnatore Alex Toth, che si occupò della realizzazione dei primi due episodi della serie. I due autori non ebbero mai contatti diretti, ma Abulí si lamentò delle modifiche che Toth apportava ai suoi testi, finché quest’ultimo, che non approvava il cinismo e l’humor nero che caratterizzavano le sceneggiature, non si ritirò dal progetto.
La defezione, però, non fu un male. Infatti Toth, uno dei maestri riconosciuti del fumetto mondiale, non riuscì a capire e conseguentemente a interpretare graficamente il personaggio e il mondo immaginati da Abulí. Il disegnatore, che pure aveva lavorato spesso su storie violente e orrorifiche per riviste statunitensi come Eerie e Creepy, attenuò l’amoralità di Torpedo e lo trasformò in uno dei tanti personaggi chiaroscurali della letteratura e del cinema noir. Le storie di Creepy e Eerie usavano il genere come pretesto per raccontare delle favole morali, mentre Torpedo era al di là del buon esempio. Nelle sue storie alla cattiva azione non seguiva mai una punizione e, soprattutto, sia i carnefici – protagonista in testa – che gli spettatori degli atti più efferati non mostravano mai empatia o pietà nei confronti delle loro vittime.
La composizione delle tavole di Toth è perfetta, il bilanciamento dei bianchi e dei neri pieni è elegante ed equilibrato, ma il risultato complessivo, specialmente se confrontato con altri lavori dello stesso autore e del prosecutore grafico della serie, risulta freddo e persino calligrafico. Un esercizio di stile senza grandi guizzi e probabilmente eseguito senza molta convinzione.
Tutto cambia radicalmente al momento del passaggio di testimone. Il disegnatore incaricato di ereditare le consegne da Toth è Jordi Bernet. All’epoca l’autore spagnolo ha già un notevole curriculum alle spalle che comprende lavori per case editrici spagnole, francesi, tedesche, italiane e britanniche, ma non è ancora molto noto. Sarà proprio su Torpedo che affinerà il proprio stile personale e si farà conoscere da una platea di lettori più ampia. Lo scarto rispetto alle storie precedenti del fumetto è subito evidente, anche se bisognerà aspettare ancora un po’ affinché la serie possa esprimere i suoi momenti migliori.
Per un confronto diretto si guardi la prima vignetta di Torpedo realizzata da Toth e la si raffronti con quella di esordio di Bernet, entrambe mostrate di seguito:
In entrambi i casi troviamo il protagonista a letto e in entrambe i casi l’immagine è composta da una pistola in primo piano, a fare da ‘quinta’, con il protagonista incorniciato dal profilo dell’arma. A parte queste similitudini, che fanno comunque parte di una grammatica grafica acquisita, i mondi che queste due vignette ci aprono sono completamente differenti. In entrambe i casi la pistola è un elemento sia caratterizzante del personaggio che narrativo. Ci racconta di un uomo che non si separa mai dalla propria arma, anche nei momenti di maggiore intimità e che conseguentemente vive in uno stato di continua allerta e pericolo.
Pur svolgendo la stessa funzione, le due armi sono al contempo oggetti completamente differenti. Quella di Toth è una pistola astratta, un memento, raggelata nella fredda eleganza della rappresentazione in controluce. Quella di Bernet è un’arma che ha una storia, una personalità, un’arma sporca, probabilmente continuamente oliata e usata di recente, fisicamente pesante. Un oggetto di cui si avvertono il peso fisico, la consistenza materica e la lordura.
Procedendo in entrambe i casi dal primo piano allo sfondo, le due pistole sembrano trasferire per osmosi le proprie caratteristiche peculiari agli altri elementi del disegno-racconto. Subito dietro la sintetica silhouette disegnata da Toth troviamo Torpedo alla sua prima apparizione. È un uomo elegante, dal fisico asciutto,che tiene distrattamente una sigaretta fra le dita ed è fisiognomicamente caratterizzato sia dalla mascella squadrata d’ordinanza che da uno sguardo quasi femmineo e seducente. La sintesi grafica operata da Toth (che raggiungerà picchi di rarefazione ancora più alti nel secondo e ultimo episodio da lui disegnato) rimanda a un mondo già noto grazie a molti libri e film di genere, un mondo popolato da intenzioni granitiche e uomini senza sfumature. Un’impressione rafforzata dall’abbondanza di linee verticali, forti contrasti fra bianchi e neri e la quasi totale assenza di ombre.
Il Torpedo immaginato da Bernet è invece quasi un’altra persona. Non ha nulla di elegante. È sporco e amorale come il pezzo di ferro che gli penzola davanti. Ha abitudini sordide come la stanza in cui vive, piena di angoli bui e sporcizia. Qui le linee eleganti di Toth sono scomparse. Tutto è contorto, spiegazzato. Non ci sono chiari e scuri netti. E Torpedo raggiunge quella pienezza e quella completezza che lo accompagneranno per tutto il corso della sua felice storia editoriale.
Storie di gangster
Luca Torelli alias Torpedo è nato in Sicilia all’inizio del Novecento per poi sbarcare giovanissimo negli Stati Uniti dove inaugurerà la propria carriera criminale uccidendo un poliziotto. Da questo momento in poi inizierà un percorso che lo vedrà sopravvivere principalmente come sicario a pagamento durante gli anni della Grande Depressione. Accompagnato dalla spalla Rascal, temuto ma non rispettato, Torpedo non compirà mai la scalata della piramide criminale. Tutto sommato è uno fra i tanti, condannato a galleggiare in un limbo, a temere i pesci più grossi e ad approfittarsi di quelli che stanno sotto. Una vita che non comprende la possibilità né del riscatto né della pietà o del pentimento.
Il mondo (ri)creato da Abulí è un compendio dell’universo narrativo delle storie di gangster. A partire dal protagonista, incapace di sorridere e con un’espressione truce perennemente scolpita sul viso segnato. Intorno a lui si muovono donne fatali, mariti cornuti, pezzi grossi, poliziotti corrotti, pestatori tonti, suonatori di jazz, allibratori e tutto quel sottobosco criminale o tangente al mondo della criminalità che libri e cinema ci hanno reso familiari. Abulí prende questi personaggi stereotipati e invece di dotarli di una morale o di una maggiore complessità caratteriale, come è stato fatto spesso negli ultimi anni, spinge ancora di più sulla violenza e sul cinismo.
Un mondo che sembra essere dominato dal fato, dove è impossibile riscattarsi dalla propria condizione e dove un atto di violenza crea un’eco che si riverbera per tutto il corso dell’esistenza di chi lo ha compiuto. Gli unici due modi per uscire da questo circolo vizioso sono il tradimento (degli amici o della propria natura) o la morte violenta. Abulí racconta tutto ciò con grande ritmo, senza giudizi e con un approccio tragicomico che però non è mai né tenero né consolatorio.
C’è molta violenza in Torpedo, spesso difficile da digerire ancora oggi – si pensi in particolare ai molti stupri allegramente consumati ed esplicitamente mostrati – e la narrazione composta di brevi episodi che esclude (quasi sempre) una continuity propriamente detta aumenta questa sensazione di ineluttabilità. Chiuso un capitolo tutto si riazzera e la storia inizia da capo.
Quanto detto finora non vuole però suggerire che Torpedo sia un fumetto cupo. Il nichilismo insito al genere viene anzi rafforzato da Abulí grazie a potenti iniezioni di umorismo spesso greve, ma anche venato di una certa tenerezza. Il tono tragicomico è proprio quello che, in questo fumetto, trasforma delle maschere granitiche in esseri umani e, subdolamente, permette al lettore di immedesimarsi. E immedesimarsi nelle vicende di un assassino amorale e stupratore seriale non è operazione immune da dolore e riflessioni, anche se, come scopriremo in un paio di storie ambientate nel passato del personaggio, la rabbia del protagonista non è innata o immotivata, ma nasce da un dolore da cui non riesce a emanciparsi. Un’altalenanza, quella fra umorismo da osteria e improvvise esplosioni di violenza, che oggi chiameremmo “tarantiniana”, ma che ha una lunga storia dietro di se e trova in Torpedo una delle sue espressioni migliori.
L’umorismo un po’ tagliato con l’accetta, ma per questo particolarmente efficace e coerente, si riflette anche in alcuni dei titoli degli episodi presenti nella raccolta. Particolarmente esilaranti quelli che giocano su locuzioni e modi di dire, rimandando agli svarioni grammaticali che Torpedo commette di frequente. Ecco quindi L’arte di riammazzare, La signora delle commedie, Miami Bitch, West Sad Story, Un salario da paura (da un quasi omonimo film di Clouzot), La legge del tallone o Indovina chi schiatta a cena?.
Come già detto, Bernet si rivela ben presto probabilmente il miglior disegnatore possibile dei personaggi creati da Abulí, con il quale crea un sodalizio perfetto, che non mostrerà segni di cedimento fino alla conclusione della serie. Come Toth, Bernet parte da una profonda fascinazione “caniffiana” (influenza particolarmente evidente in alcuni suoi lavori precedenti come Dan Lacombe), ma sviluppa ben presto uno stile personalissimo, dinamico e dalla gamma espressiva molto ampia.
L’ispirazione di Milton Caniff resta particolarmente evidente nella caratterizzazione dei personaggi femminili, che il tratto di Bernet rende irresistibilmente seducenti, stereotipati e definiti da curve a volte esageratamente prorompenti. Non a caso forse il suo lavoro più importante, dopo Torpedo, è Chiara di notte, per i testi di Carlos Trillo, una serie di brevi storie auto conclusive incentrate sulla vita di una prostituta di strada. Lavoro in cui il disegnatore porta agli estremi gli stilemi rodati proprio su Torpedo: l’estrema sintesi caricaturale, l’applicazione di ombre grasse e materiche, le composizioni dinamiche.
Se proprio dovessimo cercare un difetto nella pregevole integrale Panini punteremmo il dito sulla mancanza di un apparato redazionale all’altezza dell’edizione. Per concludere, comunque, va detto che Torpedo 1936 è uno di quei must have che non possono mancare nella collezione di un appassionato di fumetti. Una serie dalla rara sintonia fra testi e disegni, capace di mantenere un livello altissimo di qualità e coerenza per tutto il corso della propria storia editoriale.
Torpedo 1936
di Enrique S. Abulí, Jordi Bernet e Alex Toth
traduzione di Angelo Nestore
Panini 9L, 2016
720 pp., b/n, 60,00 €