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Saturno contro la Terra: fantascienza, surrealismo e autarchia

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Questa volta, lo devo ammettere, sarò molto di parte. Ancora più del solito. E per parlare di fantascienza andrò dritto al cuore della questione italiana.

saturno contro la terra linus

Saturno contro la Terra, nell’edizione “almanacco di linus 1969” (uscito nel 1968), la storica rivista di Giovanni Gandini, è uno dei pilastri della mia adolescenza. Nel senso che lo avevo trovato a casa dei miei zii assieme alla raccolta completa e rilegata delle prime sei-sette annate della rivista della Milano Libri. E, in quell’età magica in cui qualsiasi cosa diventa “mitica”, ho reso quell’opera unica nel mio immaginario.

Saturno contro la Terra non è nato come storica unica: era composto invece da una serie di sette storie a fumetti pubblicate in origine tra il 1936 e il 1946 e mai più ristampante integralmente dopo l’edizione del 1969 di Linus (nel 1977 l’editore Camillo Conti la pubblicò in sei album, che però non ho mai visto vista anche la bassissima tiratura).

La storia era stata scritta da Federico Pedrocchi assieme a Cesare Zavattini (che dettò alla segretaria il soggetto per il primo episodio, sceneggiato da Pedrocchi) e disegnata da Giovanni Scolari. Si tratta di sette episodi, che passarono alla storia non solo perché ritenuti la prima serie di fantascienza della storia del fumetto italiano – il primato in realtà va alla dimenticata S.K.1 di Guido Moroni Celsi, uscita l’anno prima su Topolino –, ma anche per essere stata la prima a venir tradotta in inglese per essere pubblicata sul mercato americano (su Future Comics nel 1940). Gli episodi vennero pubblicati sui giornali I Tre Porcellini, Topolino e Paperino nel periodo che va dal 31 dicembre del 1936 al 1946 (qui lo schema delle uscite dei vari episodi). 

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La prima pubblicazione di “Saturno contro la terra”, su “Tre Porcellini” n. 93, 1936

In queste settimane la serie compie dunque 80 anni. E io, che ahimè la conosco da circa 30, mi sento un po’ vecchio. Ma va bene, vuol dire che ho avuto tempo per leggere tra le altre cose buoni fumetti. Saturno contro la Terra è fatto da sette episodi, dicevo: 

• Saturno contro la Terra
• L’isola di sabbia
• La guerra dei pianeti
• L’ombra di Rebo
• Le sorgenti di fuoco
• La sfera d’aria
• La fine del mondo

Dentro, non c’era solo la storia – tra un attimo ne parliamo – e il gusto grafico di un’epoca interpretato da un artista come Scolari, ma anche l’ambientazione culturale, il rapporto con le grandi poetiche del fumetto e della fantascienza in particolare, che la rendono unica.

Gli anni di Saturno

Ricapitoliamo un attimo: quando Pedrocchi e Zavattini lavorano al primo episodio l’Italia era guidata da Benito Mussolini, il fascismo dominava da quasi tre lustri. C’erano stati incidenti ai confini tra la Somalia e l’Etiopia che avevano offerto il destro a Mussolini per dichiarare di volere “un posto al sole” come gli altri grandi stati colonialisti (il dittatore era svelto con le parole e coniava slogan a profusione) e avevano portato a invadere e conquistare, invadere e conquistare, per ricreare un impero “romano” che sarebbe durato piuttosto poco.

Nel 1936 il maresciallo Badoglio avanzò rapidamente in Abissinia, conquistando Addis Abeba. Nonostante le ripetute condanne della Società delle Nazioni, il 9 maggio del 1936 Mussolini proclamò la nascita dell’Impero italiano d’Etiopia. Le tre colonie, Somalia, Etiopia ed Eritrea, vennero unite e costituirono quella che fu battezzata l’Africa Orientale Italiana. Badoglio venne nominato viceré di Etiopia, poi sostituito dal generale Graziani. C’era in quegli anni anche una delle canzoni più tristemente note ancora oggi, cioè “Faccetta Nera”, che recitava: 

Faccetta nera, bell’abissina
aspetta e spera che già l’ora s’avvicina
quando saremo insieme a te
noi ti daremo un’altra legge e un altro Re.

È la propaganda del regime per la conquista di un piccolo impero coloniale. 

La creazione dell’impero fece decidere alla Società delle Nazioni le sanzioni economiche (oggi lo chiameremmo embargo) che non furono sufficienti però a frenare il fascismo e anzi, generarono il periodo dell’autarchia nazionale. Fu un periodo complesso: l’Italia cercava di reagire alla crisi della fine degli anni Venti (culminata con la crisi dei mercati azionari del 1929) e aveva avviato una serie di manovre macroeconomiche per far ripartire l’economia: dalle grandi bonifiche delle zone palustri al potenziamento delle infrastrutture, dalla creazione dell’IRI e dell’IMI per sostenere l’industria e la finanza nazionali, alla battaglia del grano, monumento all’autarchia nazionale. 

Gli effetti però non furono solo positivi. Per alcuni versi anzi furono terribili, perché la spaccatura fra le classi sociali, dovuta a differenziali di reddito enormi sia tra nord e sud che fra i diversi ceti, provocò l’aggravarsi di fratture socio-economiche già esistenti nel nostro Paese (la “questione meridionale” di Sidney Sonnino e Leopoldo Franchetti è del 1875) che probabilmente durante il fascismo si congelarono e incistarono in maniera tremenda, con risultati non solo simbolici che paghiamo ancora oggi.

Gli anni Trenta furono dunque anni piuttosto complessi e contraddittori per il nostro Paese. L’egemonia culturale degli immaginari statunitensi era ancora di là da venire (a meno che non si vogliano considerare Topolino e Buffalo Bill come tali) mentre scaldava i motori l’industria culturale nostrana e l’idea d’Italia era pensata in maniera profondamente diversa da come la pensiamo oggi. 

Negli anni Trenta si viveva sotto un regime odioso che avrebbe promulgato le leggi razziali (1938–39) e condiviso la folle avventura di Hitler nella Seconda guerra mondiale, dopo aver compiuto altri terribili delitti in Italia e nelle colonie, ma si viveva anche in tempi di ottimismo, di positivismo, di speranza, di grande fervore industriale e finanziario. E in tempi di italianizzazione delle parole straniere, di centrismo culturale, di emancipazione dal dominio francese e austriaco, i gufi venivano mandati al confino e lo squadrismo rappresentava una manifestazione più che tangibile del regime fascista.

saturno contro la terra topolino
Da “Topolino” n. 293, 1938

Mi sono dilungato con questo purtroppo approssimativo quadro della storia del nostro Paese perché è fondamentale per la precomprensione di Saturno contro la Terra. Un po’ per l’isolamento del nostro Paese, che diventa invece centralità nel fumetto, ma un po’ anche perché le grandi storie, le grandi narrazioni, in quei tempi potevano nascere ovunque, anche in Italia. E Saturno contro la Terra è una grande narrazione, capace di affascinare e di ispirare. Futurista, svettante e graficamente eccellente, potrebbe essere un videogioco come “Bioshock Infinite” senza problemi. 

La storia si snoda raccontando l’epopea del conflitto tra Saturno, sotto la guida del malvagio Rebo che vuole invadere il nostro pianeta per farne testa di ponte verso la conquista di Plutone (appena scoperto dall’astronomo americano Clyde W. Tombaugh nel 1930), difesa dal professor Marcus e dal suo assistente Ciro. La coppia viene inizialmente osteggiata dal professor Leducq, invidioso del successo di Marcus, e poi acquista un ruolo unico. 

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“Albo d’oro” n. 57, 1947

Saturno contro la Terra non è un’opera solitaria: Cesare Zavattini aveva scritto per la Mondadori anche altre sceneggiature destinate a contrastare l’avanzata nel nostro Paese delle traduzioni di fumetti americani di fantascienza, pubblicati da Nerbini, lo stesso editore fiorentino dei primi albi di Topolino, che con L’Avventuroso stava stampando le storie di Flash Gordon di Alex Raymond. Mondadori cerca di opporsi, trova nel fumetto “made in Italy” la logica e unica possibile risposta (per via poi della censura iniziata nel 1936 che decimò la letteratura non solo popolare straniera: tra i pochi si salvò Topolino) e con Saturno colpisce un tasto giusto.

Cosa c’è dentro Saturno contro la Terra?

Semplice: c’è praticamente tutto. La narrazione, per quanto relativamente breve (sette storie pubblicate a puntate per un arco complessivo di dieci anni) è comunque densa di topoi del genere: c’è Jules Verne (ma vista l’epoca bisognerebbe dire “Giulio Verne”) ed Edgar Rice Burroughs. Ci sono le “guerre stellari” pensate in Emilia ed eseguite a Milano. C’è però anche Edgar Allan Poe, H. G. Wells, e tanto altro. C’è anche l’equilibrio di pensiero del fascismo: rivoluzionario ma anti-bolscevico, modernizzatore nell’uso della tecnologia ma fortemente conservatore nei valori.

Nel corso delle storie di Saturno contro la Terra si abbraccia anche il punto di vista degli abitanti di Saturno, si vede l’evoluzione di Giove e di Plutone, ma si scoprono anche grandi segreti sulla Terra, come la rete di caverne e cunicoli che collegano il sopra con il sotto, il pianeta degli italiani con quello di un popolo antico, saggio, gigantesco e fotofobico (oltre che azzurro), i misteri planetari e quelli sotterranei, i mostri alati che abitano il fangoso Saturno ma sono capaci di ripulirlo in un baleno, la Terra spaccata in due come un melone. C’è veramente di tutto, là dentro. E se si volesse arrivare a fare un’analisi di fino, vignetta per vignetta, si troverebbero ricchezza e maturità notevoli per il gruppetto di autori.

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Da “Paperino” n. 133, 1940

Il fumetto “Made in Italy”

L’emiliano Zavattini aveva 33 anni quando ha lavorato al primo episodio, il bresciano Scolari ne aveva già 54 mentre Federico Pedrocchi 29. L’autore, nato in Argentina da genitori italiani, era tornato nel nostro Paese nel 1912 ed è stato uno degli autori più interessanti di fumetti della sua epoca, con numerose collaborazioni tra cui il lavoro con Pier Lorenzo De Vita per italianizzare Topolino (e trasformarlo in “Tuffolino”) ma anche Saturnino Farandola, Virus, La compagnia dei sette, Dottor Faust. La vita di Pedrocchi è stata stroncata nel gennaio del 1945 a Gallarate da una raffica di mitraglia di un aereo inglese mentre, sfollato, tornava a casa vicino Varese dalla moglie e figli dopo una giornata di lavoro in Mondadori a Milano, a pochi mesi dalla fine della guerra.

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Federico Pedrocchi

Il settimo e ultimo episodio di Saturno contro la Terra, profeticamente chiamato “La fine del mondo” (ma non perché uscì dopo la fine della guerra) venne pubblicato nel 1946 ma non fu ultimo lavoro di Pedrocchi ad essere pubblicato postumo: storie da lui sceneggiate vennero pubblicate fino al 1949. Pedrocchi, che fu anche bravissimo disegnatore, aveva realizzato nel 1937 la prima storia disneyana “Made in Italy”, Paolino Paperino e il mistero di Marte, oltretutto prima storia a togliere il papero dall’ambientazione della provincia californiana per trasportarlo nello scenario fantascientifico “neutro” capace di attrarre anche i lettori italiani.

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Da “Topolino” n. 489, 1942

Influsso e immaginario

Se il fascismo è stato un “regime di parole” per la capacità di orientare il popolo-bambino, andrebbe anche definito un regime di immagini. Non solo il gusto delle architetture e delle coreografie del regime ma anche l’illustrazione, la pittura, il disegno, il tentativo (mal riuscito) del cinema. E il fumetto. Che diventa veicolo di cultura popolare perché altro non è il suo leader, maestro elementare diventato giornalista e poi capo di stato e dittatore. L’educazione dei piccoli diventa centrale (il centralismo del Balilla lo dimostra) perché è la macchina per generare sia un futuro al regime che per dare un senso pensato, uno scopo agli adulti: “per chi lo fai? Per i nostri figli”.

E gli anni Trenta, che sono poi gli anni della radio ma anche del cinema sonoro e quindi dei cinegiornali, sono i primi anni della multimedialità. Tutte aperture che vengono attentamente colte e ricomposte dai fumetti, che non fanno parte del fascista “dovere della lettura” ma dell’altrettanto fascista “piacere della lettura” (basta che si leggessero le cose giuste, beninteso). Il fumetto è uno dei libri di testo dell’immaginario di un’intera generazione ed è più ricco e articolato, votato all’avventura e ai valori della generazione nata durante la Grande Depressione e che ha combattuto la guerra, quella che viene chiamata dai sociologi la Greatest Generation. 

Paradossalmente, l’influsso più forte sarà sulla “Silent generation”, la silenziosa generazione immediatamente successiva a quella dei “più grandi di tutti” (troppo piccola per combattere la Seconda guerra mondiale ma non ancora parte dell’onda dei Baby boomers) e che in qualche modo è la reale responsabile dell’impostazione dei valori del secondo dopoguerra. È la generazione che fa da filtro degli immaginari e che ridisegna il futuro, amministrando il mondo in nome e per conto dei Baby boomers senza avere il carisma dei Greatest. Non a caso il dramma della nostra epoca sarà il mancato passaggio di ruolo tra queste due generazioni, che poi ha ripercussioni quasi freudiane sulla successiva Generazione X (degli attuali cinquanta-quarantenni e tardi trentenni). E non a caso sarà proprio uno dei maestri della Silent Generation, Giovanni Gandini, a ripescare Saturno contro la Terra e a pubblicarlo in un almanacco linus (rigorosamente tutto minuscolo) alla fine degli anni Sessanta, quando il passaggio generazione con i Baby boomers stava esplodendo.

80 anni dopo

Saturno contro la Terra rimane una pietra angolare, una pianta ricca e oggi semi-sconosciuta che però è stata estremamente influente nel nostro Paese per due generazioni. Nata tra i mille fiori fumettistici della rivoluzione fascista, è uno dei pochi ad essere sopravvissuto ed essere arrivato agli anni della contestazione. È uno dei fumetti tra quelli del periodo precedente alla guerra che hanno avuto una influenza più potente e duratura sui ragazzi di allora (le ragazze non le citiamo neanche, perché in tutta la saga ci sono solo due personaggi femminili: la fidanzata di Ciro nonché figlia del professor Marcus e la regina di Plutone, non passerebbero nessun test post-femminista sulle narrazioni di genere) e a definire cos’è “vecchio” e cos’è “nuovo” negli immaginari di molti.

Nonostante questo, però, il successo della storia di Saturno contro la Terra è rimasto una sorta di filo sottotraccia per cultori della materia. E per fumettisti: numerosi gli omaggi (tra i tanti: Magnus) e le citazioni; impossibili da riprendere tutti a parte uno diretto e in qualche modo culturalmente interconnesso: la coppia ligure della Disney, Carlo Chendi e Luciano Bottaro, che ha prodotto alcune parodie con il saturnino Rebo, ultimo sovrano pasticcione con due soli seguaci, alla disperata ricerca di un nuovo posto in cui vivere. Ci sono Paperino e il razzo interplanetario del 1960, e poi nella seconda metà degli anni Novanta (con Bottaro da solo) altre tre storie: Paperino e il ritorno di Rebo, Alla ricerca del papero virtuale e Paperino e l’invasione di Giove.

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Luciano Bottaro, “Paperino e il razzo interplanetario”, 1960

Oggi quasi nessuno si ricorda più di questo fumetto fondamentale dell’immaginario nostrano. In epoca di grandi cartonati dal grande respiro, di pagine dedicate (giustamente) ad eroi del fumetto latinoamericano o francese, veder tornare in fumetteria un’edizione prestigiosa o comunque appagante di Saturno contro la Terra, che riproponga i sette capitoli di nuovo uniti con magari qualche copertina delle varie edizioni e un buon saggio introduttivo e filologico, sarebbe una festa per gli occhi e per lo spirito. Perché no, cari editori?

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Antonio Dini, giornalista e saggista, è nato a Firenze e ora vive a Milano. Ha un blog dal 2002: Il posto di Antonio. Il suo canale Telegram si chiama: Mostly, I Write.

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