Entriamo nello studio di Francesco Castelli, dei Silly Nostalgic Kids, autore in forze alla scuderia It Comics.
Quali sono i progetti a cui stai lavorando attualmente?
Il mio progetto principale si chiama Silly Nostalgic Kids. Da più di un anno ho fondato questo collettivo insieme a Tommaso Valsecchi, sceneggiatore, e a Valentina Grassini, colorista. Nell’arco dell’ultimo anno o poco più abbiamo lavorato su 4 storie a fumetti originali, che abbiamo presentato a Lucca Comics & Games 2016.
Sono storie molto diverse che hanno come filo conduttore lo scorrere del tempo. Come collettivo abbiamo cominciato con Andvari, una favola senza tempo che racconta l’amicizia tra un bambino e un robot, che si è classificata seconda al concorso In love with my robot per la piattaforma Verticalismi. Sempre per Verticalismi abbiamo realizzato Il mio modo di sorridere, una storia che parla di incertezze, aspettative e paure.
A Lucca abbiamo presentato Non succede quasi mai: parla di fiumi e di scelte che per forza di cose comportano il perdere parti di sé lungo la strada. Per l’etichetta IT comics invece, abbiamo realizzato il mio preferito: Henry Journey e gli avventurieri dell’impossibile.
Ho anche un altro progetto a fumetti chiamato Pizze Spaziali, edito da Biomedia, che strizza l’occhio a Star Wars dà nozioni base di nutrizione ai bambini.
Chiaramente oltre ai progetti in ballo lavoro nel settore dei libri illustrati per l’infanzia, ma andiamo… questo non interessa a nessuno!
Quali sono gli strumenti che usi per disegnare?
Quando lavoro vado diretto in digitale, ho una Cintiq grande e con lei passo la maggior parte del mio tempo. Per le mie cose personali, invece, spesso schizzate sul mio sketchbook, non posso fare a meno della mitica Col-Erase Pencil blu, la matita usata dagli animatori. Prima abbozzo le forme con quella, poi o mi butto con un Pigna 0.5 nero e finisco il tratto, oppure inchiostro con un Winsor & Newton serie 7 n.3 e china Pelikan nera. Per finire, o coloro ad acquerelli o uso i pennarelli Tombow (sempre che siano ancora carichi).
Hai qualche abitudine prima di metterti a disegnare?
Beh non saprei… Di solito cerco di focalizzare su quello che dovrò fare, facendomi passare la solita “ansia da prestazione”. Se devo disegnare riempio un foglio di cerchi o faccio qualcosa a caso, magari una fanart, giusto per scaldarmi, un po’ come fanno gli atleti. Quando coloro cerco su internet foto che mi danno l’atmosfera che cerco, per entrare un attimo nell’ottica. Ovviamente prima di iniziare deve essere partita la giusta playlist o qualche documentario interessante. Ultimamente mi sto appassionando molto a quelli storici.
Ci sono libri o fumetti che devono essere a portata di mano mentre disegni
Cerco sempre di evitare. Non voglio altri fumetti tra i piedi. Certo, ne leggo un sacco, amo Last Man, adoro Tèbo (Samson and Neon, Captain Biceps), impazzisco per gli storyboards di Anthony Holden, ma non li voglio davanti a me mentre lavoro. In quel momento siamo solo io e il foglio, non voglio essere distratto da altro, interromperebbe il flow.
Credo che lo stile sia come il brodo che bolle in un pentolone: gli ingredienti sono in parte le cose che amo e “rubo” dagli altri artisti e per il resto, il mio modo di sintetizzare la realtà. Quindi, life drawing a manetta.
Hai un oggetto in studio a cui sei particolarmente affezionato?
In studio ho un sacco di cavolate collezionate durante gli anni, potrei dirti mille cose. Ad esempio ho il pupazzo di un mio personaggio fatto a scuola anni fa, che però non serve a niente e a volte mi dimentico addirittura della sua esistenza.
Sai a cosa sono davvero affezionato ed è fondamentale nel mio studio? Non è proprio un oggetto ma è per me indispensabile per lavorare: la chat di Skype aperta con Tommaso Valsecchi. Mi rendo conto che non riesco a disegnare senza, pure quando vivevo a Vancouver o in giro per il mondo, nonostante il fuso avevo bisogno di scambiare opinioni, o anche solo qualche parolaccia, col mio sceneggiatore, compagno di avventure e di delusioni. Ma anche di qualche bella soddisfazione.