Per me è quasi un mistero. Ho letto a dire la verità relativamente pochi romanzi della serie tedesca di Perry Rhodan. Parliamo di quattro o cinque, su un totale di poco meno di una settantina di storie pubblicate in Italia, a fronte di una gigantesca produzione di circa 2.600 episodi in originale (tedesco), visto che il suo inizio risale al 1961. Ho appena scalfito la pelle della bestia, insomma. E proprio per questo, probabilmente, non capisco. Ma incuriosito, indago.
Creato da Walter Ernsting, che assume lo pseudonimo più americaneggiante di Clark Dalton, Perry Rhodan ha anche un secondo padre, cioè il collega di Ernsting, Karl Herbert Scheer. Insieme i due uomini fanno parecchie cose, ma il vero motore dell’avventura è uno solo: Ernsting. L’uomo era già un navigato lupo di mare della fantascienza tedesca, uno scafato personaggio che negli anni Cinquanta e Sessanta si inventava riviste, libri, racconti. Con Rhodan va oltre: vede l’occasione della vita e intende sfruttarla. Inventa così le avventure dell’astronauta americano Perry Rhodan che ritrova sulla luna, durante il primo fittizio sbarco ambientato nel 1971, il veicolo alieno che gli permetterà di entrare nella leggenda (e diventare sostanzialmente immortale, anche se pur sempre uccidibile di morte violenta). Da qui comincia tutto.
Le avventure di Rhodan sono figlie della fantascienza pulp americana nata a cavallo della guerra, ma a loro volta saranno fonte di ispirazione per molti narratori di tutto il mondo: Usa, Giappone e anche Italia compresi. E resteranno per poco confinate nel mondo della parola scritta e basta: le illustrazioni di copertina – come quelle realizzate dal veterano Johnny Bruck (altro pseudonimo) – diventano subito una cifra caratteristica del personaggio.
Perry Rhodan è infatti un intero universo, luminoso, vivace, ma anche caotico in una maniera da far sembrare gli universi Marvel e DC lineari. I cicli si succedono, alle volte coprono decine se non un centinaio di volumi. Le avventure sono serrate ma contraddittorie: ogni romanzo, scritto spesso da autori diversi, è pieno di invenzioni e dovrebbe essere autoconclusivo. Senza strascichi, un po’ come le storie di Topolino e Paperino che non lasciano mai effetti duraturi di lungo periodo. Non ci vuole però molto perché diventi difficile tenere il passo con tutte le possibili biforcazioni e moltiplicazioni delle trame. Senza contare che ogni tanto i singoli cicli partono per la tangente, e diventano una storia a sé stante, quasi un romanzo (lunghissimo) nel flusso dei romanzi.
Alla fine, quello di Rhodan è un fiume talmente in piena che sfugge di mano a tutti: ai lettori certamente, ma anche agli stessi autori (multipli), all’editore, ai curatori. Un trionfo anarchico o forse romantico, non so. Certamente una tempesta e una confusione che sommerge tutti e crea un “nuovo normale” della fantascienza teutonica. I lettori tedeschi infatti lo adorano, e le edizioni odierne si aggirano ancora sull’ordine di grandezza delle 100/200 mila copie per ogni nuovo titolo. Neanche il recentemente scomparso Gerard de Villiers, il geniale autore di SAS – Sua Altezza Spia, Malko Linge ha potuto contare su numeri simili spalmati con costanza su anni diversi nella sua cinquantennale carriera di scrittore francese di romanzi di spionaggio di grande successo.
Cito volentieri SAS perché volutamente fuori dallo schermo rispetto al nostro discorso. Anche se torneremo presto a parlare di scrittori di genere – non solo di fantascienza – per tracciare meglio i confini degli umili artigiani della serialità, piccoli Sisifo sconosciuti che hanno prodotto 100, 200, anche trecento romanzi nel corso di straordinarie carriere soliste (e in parte anche “collettive”). Ma il punto è che Perry Rhodan ha dato veramente tanto alla serialità non solo dal punto di vista di quel che si poteva vedere nella fantascienza. Ha dato molto in generale. E il magmatico e stratificato evolversi della sua sterminata produzione è una sorta di catalogo di tutte (o quasi) le possibili variazioni che questo tipo di ritmo può offrire.
Diciamolo: se siete scrittori prolifici, prima o poi finirete riassunti in uno dei tanti schemi creati dagli autori di Perry Rhodan.
E l’illustrazione? Il fumetto? Ci sono certamente edizioni illustrate – che da noi non sono mai arrivate – e Perry Rhodan ha un suo valore anche al di fuori del semplice ambito della prosa fantascientifica per aprire all’illustrazione. Ma qui è il caso di sottolineare, più che le riduzioni a disegni, la bellezza delle copertine. Un mondo di pin-up in chiave un po’ tanto maschile. Non è troppo sorprendente: dopotutto il fisico palestrato dell’astronauta non è tanto diverso da quel Flash Gordon o da quel Buck Rogers da cui qualche intuizione doveva essere trapelata sino alla fantasia degli autori tedeschi. La sua presenza sulla scena della copertina è spesso totale, visto che nei disegni di George Wilson o di Gray Morrow si presenta da solo, robusto e indomito, atletico e plastico.
Il vero tesoro praticamente sconosciuto però è quello delle edizioni originali tedesche, di quelle giapponesi (molto apprezzate dai collezionisti e assolutamente folli, nella numerazione, rispetto all’originale teutonico o alle edizioni americane ACE) che sfruttano illustratori diversi da quelli che invece vengono utilizzati negli Usa. Anche in Italia si fa di tutto un po’: Perry Rhodan come detto viaggia su pochi titoli pubblicati da noi, ma illustrati, tengo a dirlo, in maniera pregevole. Anonimi, oppure noti ma non firmati, gli autori regalano bei momenti e visioni piuttosto forti di quell’immaginario che a ben pensarci ha fatto in Germania, con un unico genere e un unico protagonista, quello che da noi ha fatto l’intera serie di Urania.
Cosa è rimasto da dire? Beh, una piccola nota: in Italia abbiamo pubblicato Perry Rhodan una prima volta grazie all’intuizione e al genio editoriale di Antonio Bellomi, una specie di piccolo Walter Ernsting della fantascienza italiana. La prima edizione da noi va dal 1976 al 1981. E qui Bellomi riesce a mettere dentro i volumetti della serie italiana del personaggio tedesco anche delle appendici interessanti: racconti di fantascienza scritti da autori italiani: tra i quali vale la pena citare Vittorio Catani, Vittorio Curtoni e Renato Pestriniero. Poi basta. O quasi: nonostante Bellomi abbia più volte tentato di far tornare Perry Rhodan in edicola o in libreria, non c’è più stato verso, fatta salva la brevissima esperienza della casa editrice Armenia, che ha pubblicato due volumi (2008 e 2009) con pochissima fortuna sia per il personaggio che anche per la casa editrice stessa, che oggi è definitivamente chiusa.
Cosa si fa di Perry Rhodan, dunque? Si cercano le edizioni italiane su internet o nei banchetti dei libri usati (si trovano a 2-3 euro) oppure si vanno a cercare quelle americane (per chi sa l’inglese) e quelle tedesche originali (per chi sa il tedesco) che sono meglio distribuite e anche più recenti. Quantomeno per togliersi una curiosità. E interrogarsi su un piccolo mistero dell’editoria di fantascienza.
*Antonio Dini, giornalista e saggista, è nato a Firenze e ora vive a Milano. Ha un blog dal 2002: Il posto di Antonio.