Pablo Auladell è un fumettista e illustratore spagnolo (classe ’72) di indubbio talento, seppure finora sconosciuto al grande pubblico in Italia. La Torre Blanca arriva inatteso, dopo la pubblicazione in Spagna nel 2005, e la vincita di alcuni premi in patri, come quello del Ministero della cultura spagnolo e come autore rivelazione al Saló del Còmic de Barcelona. Il fumetto iberico nasconde molti di talenti come il suo, e qualcosa ultimamente si sta muovendo nella prospettiva della loro scoperta (basti pensare anche al recente Quello che mi sta succedendo, del giovane Brieva, QUI anteprima).
Logos Edizioni porta oggi in Italia La Torre Blanca ormai dieci anni dopo l’uscita in patria (facendogli meritare la candidatura ai Premi Gran Guinigi di Lucca Comics di quest’anno); con una confezione tutto sommato spoglia, essenziale: una copertina bianca, con solo un piccolo riquadro al centro, con un dettaglio di una tavola, apparentemente casuale, ma in realtà particolarmente delicato; già delicatamente riflessivo, come il racconto che contiene.
La Torre Blanca cos’è? Il titolo non è stato tradotto, si tratta infatti di un nome, il nome di un palazzo che troneggia su una spiaggia, e su tutto un piccolo paese di mare. Un luogo e un simbolo. Un uomo torna al vecchio paese dell’infanzia, ne riassapora lentamente i luoghi, facendo riaffiorare ricordi e cercando di riviverne gli attimi, fino a reincontrare – cercare – una donna che già conosceva e frequentava quando era bambino.
Nella costante e fissa griglia a nove vignette rettangolari delle tavole di Auladell si sussegue un’alternanza tra immagini del presente e rimembranze del passato. A essere meglio definite e colorate non sono le rappresentazioni del presente, bensì quelle che illustrano i ricordi. Strano, insolito? Sì, considerato il così comune uso, nel fumetto, di illustrare frammenti di racconto dedicati ai ricordi usando sequenze dai colori e dai contorni meno definiti. No, qui invece il protagonista è lì per celebrarare il passato, idolatrarlo; chiaramente, è il presente che lui vede in bianco e nero, e tutto ciò che risale all’infanzia è un santuario in cui trovare rifugio. Eppure, per quanto incupito, imbolsito e in apparentemente non conciliato con la realtà, una sorta di insperata chiusura e riconciliazione col passato riesce a trovarla, anche se non proprio del tutto positiva.
Il graphic novel di Auladell si inserisce in quella linea di letteratura a fumetti europea contemporanea (visto l’anno di uscita si può dire che quasi la anticipa e non vi si allinea in ritardo) scritta da una prospettiva matura, per riflettere sulla condizione dell’uomo di mezz’età (o sulla soglia della mezz’età). Si pensi a Gipi o Manu Larcenet: il primo principalmente con La mia vita disegnata male e Unastoria; il secondo con Lo scontro quodidiano, ma in un certo senso anche con Blast. Entrambi – come accade qui in La Torre Blanca – raccontano frammenti di vita di un uomo tra i quaranta e i cinquanta, chi più chi meno da una prospettiva anche personale filtrata dalle esperienze accumulate, con tono e andamento malinconici, maturo e riflessivo.
Il viaggio verso la Torre Blanca è un ritorno sui propri passi, in cerca di una perduta sicurezza (di un nido) e di una riconciliazione con gli anni irrimediabilmente passati, magari in modo insoddisfacente. Prova di questa ricerca è anche l’appendice al racconto, che inizia con queste parole: «Se fosse possibile, credo che il mio più grande desiderio sarebbe chiudermi in una stanza e disegnare questo fumetto ancora e ancora, ossessivamente, fino a coglierne il mistero, il segreto, perché ho l’impressione di non esserci ancora riuscito». Auladell confessa come il racconto sia frutto di una lunga indagine personale, quasi mai esaurita, come ad affidare alla carta inquietudini in movimento, frutto di una condizione umana di crescita ed evoluzione instabile e difficile, che mai si esaurisce, mai trova quiete.
La Torre Blanca
di Pablo Auladell
Logos Edizioni, 2015
112 pagine, 17 €