Un paio di anni fa Un lavoro vero di Alberto Madrigal lasciò stupiti molti, per la schiettezza con cui trattava un argomento “sensibile” e di grande attualità – la disoccupazione ai tempi della crisi – intorno al quale il fumetto sembrava particolarmente poco attento. Ora esce, sempre per Bao Publishing, il secondo lavoro del giovane autore spagnolo, intitolato Va tutto bene.
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Protagonista di questa breve ma intensa storia è Sara, una giovane che ha per la testa tante idee su cosa dovrà fare da grande. Tante idee, forse troppe, tanto che nessuna di queste riesce a prendere corpo in un progetto serio e strutturato. Questo suo essere inconcludente irrita il suo amico ed ex fidanzato Daniel, che ha appena perso il lavoro. I due si allontaneranno in cerca della propria strada.
Va tutto bene non solo conferma le doti stilistiche di Madrigal ma sottolinea una coerenza che è propria degli autori a tutto tondo. Esattamente come il precedente Un lavoro vero, Va tutto bene è la fotografia – senza enfasi giornalistica, ma con una certa partecipazione – di una generazione allo sbando, priva di riferimenti politici, sociali, ideologici. Il senso di disorientamento prende il sopravvento su tutto e si trasforma nel peccato più grave di tutti, nella tragedia contemporanea: la rinuncia ai propri sogni. La generazione degli attuali giovani adulti, come sempre più spesso – e inevitabilmente – raccontato da cinema e letteratura, sembra avere seppellito il suo futuro in nome di un’affannosa attenzione a un presente sempre più instabile, precario, ingiusto. Lo sguardo di Madrigal, che si fa chiaramente portavoce di questa comunità generazionale, da questo punto di vista è crudo, asciutto, e lavora per sottrazione.
Si percepisce chiaramente un coinvolgimento emotivo dell’autore nei confronti di personaggi che portano su di sé il peso di un fardello che Madrigal ben conosce, come ha avuto modo di raccontare in Un lavoro vero. Sara è una sognatrice e, nel mondo di oggi, i sognatori vengono schiacciati dalle logiche spietate del mercato, della convenienza, dei numeri. Daniel, al contrario, ha capito che per costruire il proprio futuro deve innanzitutto distruggere se stesso. Ma questo suo pragmatismo è fonte di un rapporto difficile con l’attuale compagna e, soprattutto, di profonda frustrazione. Daniel, nel corso della storia, continua a ripetersi che ciò che vuole è solo un semplice, disinteressato lavoro che gli permetta di costruirsi una vita e una famiglia. Sara, al contrario, prosegue la sua strada di sognatrice indefessa, anche a costo del vuoto, della paura dell’abisso. Nella differenza fra i due personaggi, così opposti, così agli antipodi, sta l’assunto concettuale di Va tutto bene.
Naturalmente, si potrebbe muovere una (facile) accusa a Madrigal: com’è possibile raccontare simili argomenti, così “densi” per il loro portato sociale, con tanta leggerezza? Per certi versi, è una critica pertinente: lo stile e la tipologia di narrazione usate dall’autore spagnolo sono quanto di più lontano dalla rabbia e dalla frustrazione tipica di chi si fa esponente di un discorso innanzitutto politico. Madrigal, per fare un confronto cinefilo, sembrerebbe da un lato paragonabile a Ken Loach: del cineasta britannico ha lo stesso piglio iperrealista, la stessa sensibilità politica, lo stesso coinvolgimento. Ma d’altro canto, è totalmente privo della sua rabbia, del suo piglio contestatore, dei suoi obiettivi di rivendicazione sociale. Piuttosto, e qui sta la peculiarità, Madrigal sceglie di raccontare questa silenziosa tragedia quotidiana con la poesia e la sensibilità di un Jean Renoir, sempre per rimanere in ambito cinematografico. Un Renoir coi piedi un po’ più per terra, per così dire.
I dialoghi, ad esempio, sono pochi e mirati. Tutto il resto lo fanno le tavole disegnate, che offrono al lettore una colorazione lieve eppure emozionalmente potente, già tratto distintivo di Madrigal nell’opera precedente. Le sospensioni, i silenzi, gli inserti che sono ricordi-lampo, squarci che spezzano la realtà offrendo nuove prospettive, sono allora forse l’aspetto più affascinante di un’opera cui, tuttavia, qualcosa sembra mancare. Un limite che potremmo indicare nella sua scarsa compattezza, quasi fosse priva di una vera e propria conclusione. La chiusura naturalmente c’è, ma è lasciata fuori campo, lontano dalla storia, dall’occhio di un lettore che, troppe volte, ha la necessità di avere sotto assoluto controllo le storie in cui s’addentra.
Con questo approccio che, si potrebbe dire, lavora per ellissi, la vera protagonista diventa allora Berlino, la città che ha accolto Madrigal e che è teatro delle sue avventure. Una Berlino che, grazie alle sue matite, assume un tono inaspettatamente empatico, quasi fosse un personaggio, involontariamente partecipe di queste piccole, grandi vicende di un giovane uomo con i piedi piantati per terra e la testa ancora un po’ vagante.
Va tutto bene
di Alberto Madrigal
Bao Publishing, 2015
128 pagine, 16,00€