Ci eravamo lasciati un anno fa con l’augurio che Hikari portasse quanto più presto in Italia altre opere del mangaka ero-guro Shintaro Kago. Desiderio esaudito: l’etichetta asiatica di 001 Edizioni ha da poco consegnato alle stampe un nuovo volume di Kago. Non uno qualsiasi, peraltro, perché in questo caso permette di osservarne il lavoro sulla lunga distanza, e non sui soli racconti brevi con cui è stato per lo più pubblicato finora.
Il titolo in questione è Fraction, già pubblicato oltralpe, in cui l’autore, lontano dai vincoli e dalle insidie della serializzazione, cerca di mettere un punto fermo nel suo complesso universo. Chi conosce Kago ed ha apprezzato Uno sconto accidentale sulla strada per andare a scuola può portare ad un bacio? sa che il mangaka abitualmente privilegia il racconto breve. Con Fraction, però, Kago sfida questo limite personale e cerca di fondere i due fronti della ricerca intrapresa: da un lato, i rimasticamenti delle tematiche erotiche e grottesche, dall’altro la sperimentazione sui fondamenti del fumetto come medium narrativo.
In Frammenti di un discorso amoroso, il semiologo Roland Barthes scriveva: «L’altro è sfigurato dal suo mutismo, come in quei sogni spaventosi in cui la tale o talaltra persona che noi amiamo ci appare con la parte inferiore del volto completamente cancellata, priva della bocca; e io che parlo, sono anch’io sfigurato: il soliloquio fa di me un mostro, un’enorme lingua». L’analisi di Barthes delle figure del discorso amoroso sembra quanto di più distante dalle esplorazioni grottesche e nere del giapponese. Eppure, nel suo studio sul discorso amoroso, Barthes fa notare come l’altro venga schiacciato e sfigurato, così come colui che parla diviene una lingua enorme che si arrotola su stessa in un ottuso soliloquio. Un’immagine che sembra strappata a forza dai racconti del Junii Ito di Uzumaki, ma che funziona senza troppe forzature anche per comprendere l’arte di Shintaro Kago.
Fraction (フラクション), pubblicato originariamente nel 2009, si presenta apparentemente come un thriller horror, infarcito delle solite derive gore e splatter care all’autore, ma in realtà subito l’interesse viene dirottato verso altro. L’identità del serial-killer, soprannominato l’Affettatore, è svelata dall’autore già nelle prime pagine del volume, ma ciò che cattura il lettore sono i capitoli in cui Shintaro Kago dialoga con il suo editor: una graziosa ragazza che cerca di convincerlo a occuparsi del caso, creando un profilo dell’assassino. Mentre la vicenda principale continua a svolgersi, ingarbugliando la matassa e moltiplicando gli interrogativi e gli omicidi, Kago si lancia in una lunga digressione sulla teorie narrative e di genere, illustrando in maniera quasi manualistica le principali strategie narrative per ingannare il lettore, e cercando di mostrare come il fumetto possa destreggiarsi nonostante i suoi limiti apparenti. Quello che ne viene fuori è una lunga disanima sullo sguardo del fumettista, sull’arbitraria maniera con cui ritaglia il mondo, sugli inganni e le illusioni delle gabbia: il fumettista è per Kago un mistificatore della realtà nel momento in cui ingabbia il flusso narrativo.
In questa puntigliosa analisi, Kago ricorda le digressioni a margine del fumettista americano Kevin Huizenga. In racconti come Time Travelling o The Moon Rose, contenuto nell’antologico Gloriana, Huizenga fa un uso massivo di diagrammi per sostenere tanto le sue analisi del flusso temporale quanto per spiegare concetti come quello di prospettiva. Nella stessa maniera Kago conduce una riflessione che guida e sostiene la storia, ma che in realtà ad un certo punto si sostituisce a questa e diviene essa stessa la linea narrativa principale. Questo slittamento – dopo l’elenco delle figure dell’inganno – è la completa mistificazione di Kago. In un gioco di specchi, i dialoghi si svelano mostruosi soliloqui e ci mostra un Kago che mentre ci dilettava, parlando della storia del mistery, ci ingannava.
Tuttavia, il tentativo di Shintaro Kago funziona solo in parte. L’autore sembra quasi erodere dal di dentro le strategie narrative del giallo, prediligendo ancora una volta l’attardarsi sulle sue ossessioni private e pubbliche: dal collezionismo compulsivo alla coprofagia, passando per la violenza erotizzata delle dissezione e dei smembramenti dell’ero guro. Tutto gira intorno all’autore. Quello di Shintaro Kago è un soliloquio che smembra, sfigura e distorce la materia, giocando con la “spaziotopia” del sistema fumetto, in cui inevitabilmente rimane imbrigliato. Fraction, quindi, sotto le mentite spoglie del racconto, nasconde un saggio sull’arte di fare fumetto, che ambiguamente rende l’autore la vittima e il carnefice, assecondando le manie del fruitore.
La leggerezza di Mistero a Margintown – contenuto nel già citato Uno scontro accidentale… – in cui la dissezione delle articolazioni del sistema fumetto viene affrontata come divertissement, in Fraction Shintaro Kago non riesce a liberarsi dall’idea di dover necessariamente stupire a tutti i costi e sembra quasi suggerirci che ogni tentativo di uscire fuori dal cerchio magico in cui i suoi lettori l’hanno rinchiuso sia altrettanto vano. Ma la pazzia di Kago si traduce in un’ulteriorità che sfonda e valica i limiti della tavola: non solo un ombelicale interesse al meta-fumetto (tipico ormai della produzione americana, ma con interessanti manifestazioni anche nel fumetto italiano: dai timidi accenni in Buzzelli al cerebrale e autoreferenziale Ausonia), ma una certosina pazienza da anatomo patologo.
Il discorso del mangaka è «un atto di estrema solitudine», ma non per questo aleatorio e privo di forza, anzi le figure in cui si incarna – carne che viene di volta in volta lacerata e ridotta a poltiglia – sono schemi. In Frammenti di un discorso amoroso, Barthes scrive, a proposito della parola “figura”, che essa: «non va intesa nel senso retorico, ma piuttosto nel senso ginnico o coreografico; in altre parole, nel senso greco: “schèma”, non è lo “schema”; è, in un’accezione ben più viva, il gesto del corpo colto in movimento, e non già contemplato in stato di riposo: il corpo degli atleti, degli oratori, delle statue: ciò che è possibile immobilizzare del corpo sotto sforzo. […] La figura è l’innamorato al lavoro». Le figure che popolano Fraction sono riflessi dell’autore al lavoro nel suo comporre alchemico le più profonde articolazioni della nona arte.
P.S. A chiudere il volume troverete una serie di racconti minori, apparsi su diverse riviste, in cui il mangaka affronta temi carichi all’immaginario ero-guro, mostrando il debito verso il maestro Suehiro Maruo e una certa vicinanza all’horror psicologico di Junii Ito.
Fraction
di Shintaro Kago
Hikari, 2015
206 pagine, 18,00 €