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Alfredo Castelli prima di Alfredo Castelli

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Quest’anno ricorrono i 50 anni di carriera nel mondo del fumetto di Alfredo Castelli, creatore di Martin Mystére e uno dei più importanti sceneggiatori italiani. Per l’occasione ComicOut pubblica Il Prequel, un’autobiografia dove Castelli ripercorre la propria infanzia fino ai primi lavori, raccontando così la storia del fumetto italiano del dopoguerra, con il suo taglio colto e ironico. Il volume verrà presentato in anteprima a Cartoomics, il festival del fumetto di Milano, che si tiene dal 13 al 15 marzo 2015.

In anteprima, un fumetto inedito realizzato da un giovanissimo Castelli e, di seguito, un estratto del testo.


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READ ME FIRST! Voglio subito sgomberare il campo dagli equivoci: questo volume costituisce un “prequel”, termine ora di moda per dire “antefatto”, che racconta cos’è accaduto prima che iniziassi la mia attività di autore di fumetti nel gennaio 1965, quando uscì la mia prima storia commissionata e compensa- ta, e si occupa soltanto di quegli avvenimenti, quegli incontri, di quegli stimoli che – tra i molti che hanno contribuito a formare altri lati della mia personalità – mi hanno indotto ad affrontare questa professione invece di quella di medico o di parrucchiere. Troverete dunque pochi accenni alla mia vita privata, e molti al mondo editoriale e mediatico visto attraverso i miei occhi una sessantina di anni fa, un periodo in fondo non troppo lontano nel tempo, eppure profonda- mente diverso da quello del giorno d’oggi.

Del resto né i miei primi diciassette anni di vita personale, né i cinquanta successivi possiedono caratteristiche degne di essere tramandate ai posteri. Con i miei genitori ho avuto solo qualche banale scaramuccia e non conflitti epocali; non ho abusato in alcol e droghe, anche se una volta (una sola) mi sono ubriacato con un vino particolarmente traditore; non sono neppure stato in galera e la polizia non mi ha mai picchiato (ho preso i lacrimogeni in un corteo, ma non credo che conti), ho avuto storie d’amore anche molto complicate, ma mai con donne fatali nello stile de La fiamma del peccato e, pur ammettendo di aver fatto quattro sedute presso uno psicoterapeuta dopo una malattia piuttosto inquietante, confesso di non essere un abituale cliente degli psicanalisti.

Dal punto di vista professionale, infine, la mia pulsione a fare fumetti non è stata alimentata da un irresistibile fuoco interno che mi ha spinto a combattere contro tutto e contro tutti, ma solo da un forte interesse nei confronti di quel mezzo narrativo, che apprezzo e a cui mi sono dedicato con entusiasmo. Insomma, anche se parlo in prima versione della mia infanzia e della mia adolescenza, non sono un personaggio da graphic novel autobiografica, e questo, purtroppo, non mi permette di entrare a fare parte di un filone molto alla moda. A meno che a qualcuno non interessi leggere di un bambino inizialmente bravo a scuola e molto antipatico, poi sempre meno bravo e – spero – meno antipatico.


“CASTELLI, SMETTILA COI PUPAZZETTI”. Mi è sempre piaciuto disegnare, o comunque pasticciare con matite e penne, e già alle medie riempivo fogli di “pupazzetti”, come li chiamavano i professori; purtroppo non erano molto diversi dall’Omino Bufo, e invidiavo molto il mio compagno di banco, tale Piero Arimini, che disegnava davvero molto bene e avrebbe potuto diventare un bravo illustratore. Con grande divertimento di mio fratello e mia cugina, avevo costellato di “pupazzetti” un vecchio libro di Yambo, Tutto di tutto, trasformando ogni immagine in termini scatologici.

Al liceo disegnavo caricature dei professori o storielle da loro interpretate; la frase «Castelli, smettila coi pupazzetti» era ricorrente, e alcuni professori la dicevano anche quando erano girati verso la lavagna: non possedevano un terzo occhio sulla nuca, ma sapevano che disegnavo sempre.

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Da ‘Tutto di tutto’ di Yambo. Ritoccai ogni immagine del libro trasformandola in termini scatologici. Questa fa parte delle elaborazioni più accettabili.

Malgrado questa passione per il disegno, però, non avevo mai pensato di farne una professione. Ma, nel 1960, uscì L’arte dei cartoni animati (The Art of Animation) di Walt Disney e Bob Thomas, un grosso volume a colori sui film Disney. Era un testo esageratamente agiografico, in cui sembrava che prima di Disney i cartoni non esistessero, però era ugualmente interessante e, come tutto il materiale da lui firmato, mi piaceva per definizione.

Il mio apprezzamento per Disney dura immutato ancor oggi, e in più ho sempre avuto ottimi rapporti con le varie redazioni di «Topolino» che si sono succedute, eppure questo non mi ha invogliato a scrivere racconti disneyani. Segno che non tutti gli stimoli lasciano necessariamente una traccia. A meno che una scena del racconto Paperino e la cometa della fortuna (1957) abbia influito sulle mie scel-te scolastiche. Nel 1957 fu possibile ammirare la cometa Arend-Roland, nota come “1956 h” in quanto scoperta l’anno prima.

Mio fratello Enrico, paziente vittima delle mie vessazioni, batte in velocità il bolide azzurro di Campbell in un disegnino a margine di Tutto di tutto.
Mio fratello Enrico, paziente vittima delle mie vessazioni, batte in velocità il bolide azzurro di Campbell in un disegnino a margine di ‘Tutto di tutto’.

Nel racconto di Guido Martina e Luciano Capitanio, Zio Paperone acquista un pianoro in una posizione perfetta per l’osservazione, ma il luogo è coperto di sterpi, rovi e spazzatura. Con l’aiuto di Paperino e dei nipotini, il pianoro viene perfettamente ripulito, e cambia totalmente di aspetto; se chiudo gli occhi, posso ancora vedere le immagini del “prima e dopo la cura”. Mi chiedo se la mia scelta di frequentare Architettura dopo il liceo derivi dall’inconscio desiderio di trasformare il brutto in bello come in quella vecchia storia. Ma forse sto esagerando. Dopo la lettura de L’arte dei cartoni animati, decisi che sarei divenuto il Walt Disney italiano (allora ignoravo l’esistenza di Bruno Bozzetto).

Nei colorifici erano in vendita – e lo sono tuttora, editi da Quarto Publishing – i volumi della collana “How to Draw”, curata dall’illustratore e scrittore Walter T. Foster. Erano grandi album dal costo di un dollaro – 600 lire – firmati da autori spesso famosi che insegnavano a disegnare un particolare soggetto: i volti, le mani, i cavalli, le piante. Acquistai il best-seller Animation di Preston Blair, uno degli animatori di Pinocchio e Fantasia, il quale forniva indicazioni fondamentali a chi voleva avvicinarsi al mondo del disegno animato. Seguendo le istruzioni, costruii un piccolo tavolo luminoso dotato di pioli per allineare i disegni, e insieme a mio fratello realizzai un breve cartone intitolato I barbari, ripreso in 8mm con una Bolex Paillard montata su un marchingegno costruito da mio padre per l’occasione.


*Questo testo è un estratto de Il Prequel, di Alfredo Castelli, pubblicato da ComicOut.

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