Glimt, dell’artista danese Rikke Bakman, è un volume compatto come un cofanetto, uno scrigno che tiene dentro di sé ricordi da conservare gelosamente. Il libro racconta l’offuscata memoria di un giorno d’estate, al mare, durante gli anni Ottanta. È il resoconto romanzato di una giornata al mare della Bakman da piccola, una storia in cui emozioni e ricordi si fondono tra le sfumature dei pastelli che colorano tavole costruite da una singola illustrazione dal segno frenetico, emotivo ed estremamente naif. La prospettiva del racconto è impostata dal punto di vista della protagonista più giovane, da più aspetti, sia grafico che tematico. La scelta dei fatti e degli elementi in risalto rispecchia ciò che un bambino osserverebbe e capirebbe.
In occasione della presenza dell’autrice a Lucca Comics&Games 2014, presso lo stand della casa editrice Logos Edizioni – responsabile della edizione italiana del libro – abbiamo scambiato qualche parola sul suo lavoro.
Glimt è il racconto vero di una singola giornata, o una storia inventata?
Quando ho iniziato volevo fare effettivamente il resoconto di una giornata. Ma lavorandoci sopra, è diventato man mano anche un’opera di fiction. Volevo rappresentare il ritmo di una giornata di estate dal punto di vista di un bambino, quando sei in vacanza con i genitori, e ti sembra che i giorni siano lunghissimi e che tutto possa succedere. Ciò che volevo evocare erano proprio le sensazioni di quando si è bambini, calandosi davvero nei ricordi, in quelli più piccoli, poiché quando si è bambini siamo molto più sensibili rispetto a tutto ciò che ci succede intorno.
Perché hai scelto di usare vignette a pagina intera?
È stata sia una scelta puramente grafica, che concettuale. Volevo che il lettore potesse leggere il libro molto lentamente, e far sì che ogni dettaglio potesse avere una sua importanza.
Questa impostazione ricorda anche i libri illustrati per ragazzi. Lavori anche in questo settore?
No, non ho mai fatto libri per ragazzi, lo ritengo un lavoro molto complesso. Il mio libro non lo ritengo un libro per l’infanzia. Certo, possono leggerlo anche i bambini, credo. Però è prettamente una raccolta di ricordi. È pensato per un pubblico maturo, ma credo possa essere letto da tutti. Ho anche diversi amici che lo hanno fatto leggere ai loro figli.
Glimt è il tuo primo fumetto?
Sì. Finora mi sono occupata di altro. Lavoro in un museo, e molto altro, lavorando prettamente come illustratrice. Ho una istruzione artistica classica, quindi dipingo e faccio mostre.
Anche nell’uso delle matite rimandi molto all’infanzia e a come disegnano i bambini.
Ho provato molti materiali diversi, e le matite mi sono semplicemente sembrate la scelta più adatta e naturale. Dopo aver visto il libro, molte persone hanno visto il legame con l’infanzia, poiché è lo stesso tipo di materiale che userebbero anche i bambini, o che è usato di frequente anche per i libri per ragazzi. Non è stata una scelta pensata per la storia, anche se, comunque, la storia qui è venuta prima di tutto, con una stesura completa, scritta, dei ricordi. Anche per quanto riguarda le prospettive innaturali, si tratta del mio modo naturale di disegnare, non cerco intenzionalmente di disegnare come un bambino.
C’è un elemento ricorrente, nel libro: un uccellino che appare sia all’inizio che alla fine. Ha un significato metaforico?
In realtà no. Mi piaceva inserire una figura esterna e carina. È anche come se questo piccolo mondo venisse osservato da un essere esterno, ma non ha un significato particolare.
Ci sono poi alcuni passaggi narrativi non del tutto chiari o realistici. Qual è il motivo?
La mia intenzione era quella di mostrare i fatti dal punto di vista di un bambino, di modo che certe azioni degli adulti appaiano strane e incomprensibili, mentre siamo fuori a mangiare caramelle. Succede che a un certo punto una donna venga picchiata dal marito, delle chiavi gettate nel bosco, tutto in modo apparentemente misterioso, ma sono le relazioni degli adulti.
Il tuo stile a matite ricorda molto altre artiste donne dell’Europa centro-settentrionale, come Anke Feuchtenberger o Amanda Vähämäki. Quali sono i tuoi riferimenti stilistici nel mondo del fumetto?
Proprio i nomi che hai detto! Non sono mai stata appassionata di fumetti, li ho scoperti molto tardi, circa a ventisei anni, anche grazie al loro lavoro. Lo percepivo molto vicino all’arte, e ne apprezzavo anche la narrazione. Ma non credo che il mio stile narrativo sia avvicinabile al loro, che è molto più realistico, in un certo senso. Mi sto interessando sempre di più al fumetto, purché unisca arte e narrativa.
Com’è la scena fumettistica attuale in Danimarca?
Molto piccola. Ma abbiamo un festival a Copenhagen, in crescita ogni anno. Anche la scena femminile è particolarmente in crescita; fino a cinque anni fa non c’era praticamente nessuna fumettista donna, nel nostro paese, ma ora siamo sempre di più.
Stai lavorando a un nuovo fumetto?
No, ultimamente sono stata impegnata con delle mostre, e sto ancora riflettendo sul soggetto del mio prossimo libro.