Christophe Blain, il prolifico autore di bédé che negli ultimi anni si è distinto per la realizzazione del graphic novel comico-politico I segreti del Quai d’Orsay (in Italia per Coconino Press/Fandango), nel corso della sua ormai lunga carriera ha affrontato vari generi, dall’avventura, ai racconti di cucina (In cucina con Alain Passaird), al fantasy di Donjon. Con Gus – serie pubblicata tra il 2007 e il 2008 – Blain si è dato al western, tingendo questo genere classico di sfumature insolite e imprevedibili.
Gus è il racconto delle avventure di una banda del selvaggio West, alle prese con rapine, assalti a diligenze e treni, bevute e partite di carte, ma soprattutto… con l’amore. Il West di Blain è tinto di rosa e un po’ meno selvaggio di come siamo abituati a vedere nei classici del cinema. I suoi fuorilegge, tra una colpo e l’altro, sono dopotutto delle persone normali, che hanno anche bisogno di avventure col gentil sesso. E non tutti i fuorilegge sono i duri maschilisti che ci immagineremmo. Gus è, anzi, un romantico sognatore, anche un po’ illuso. Sin dalle prime pagine, sogna di conquistare una bella signorina inarrivabile borghese. Poi ci prova con gentili donne di città, coinvolgendo anche un suo compagno di banda, ma sempre mantenendosi attento alle buone maniere. Nel frattempo, di giorno la sua attività di criminale non conosce sosta, anche se il nostro si ritrova spesso con la testa tra le nuvole, a pensare ai suoi amori.
Leggi l’anteprima del primo volume di Gus.
Il ribaltamento della consuetudine di un genere tradizionale come il Western nelle pagine di Gus scorre con coerenza, grazie al segno delicato e deformato di Blain. I suoi personaggi si muovono plastici e simpaticamente goffi, finendo così per umanizzare lo stereotipo violento ed estremo del West, declinandolo verso la commedia. Il fumetto francese non è nuovo a soluzioni simili. In più di un’occasione, Blain rimanda a Lucky Luke. Il nasone Gus si muove dinoccolato come il più famoso Lucky Luke, i due stanno da parti diversi della legge, ma hanno entrambi la funzione narrativa di umanizzare un mito lontano. In questo, Gus si spinge oltre, incarnando sentimenti facilmente attualizzabili e condivisibili dal lettore. Gus si getta senza timori nell’azione sfrenata, ma le sue preoccupazioni, i suoi dialoghi e le sue riflessioni sono estremamente reali e comprensibili.
In queste pagine, a cui Blain aveva iniziato a lavorare già quasi dieci anni fa, si ritrova un ottimo equilibrio tra il segno caricaturale ma dettagliato che lo aveva distinto nelle opere precedenti, e alcune delle soluzioni narrative e grafiche che oggi arricchiscono le sue nuove opere, come i frenetici dialoghi a più vignette.
Gus è probabilmente non la migliore opera di Blain – difficile battersela con il recente Quai d’Orsay o con la rivelazione di Isaac il pirata – ma è di certo divertente e rappresentativa di uno dei migliori autori della sua generazione.
Gus
di Chistophe Blain
Bao Publishing, 2014
Cartonato, 80 pp., 16,00 €