Sono passati 18 anni da quando fece la sua comparsa in edicola “Evroniani”, il primo numero di Paperinik New Adventures, o PKNA. Era l’inizio di uno dei fenomeni editoriali degli anni Novanta, durato 6 anni e 2 serie (più un reboot, non molto apprezzato dai lettori della prima ora), che ha segnato l’evoluzione recente del fumetto disneyano. Con la loro rilettura ipercinetica (e ipercromatica) del linguaggio Disney, le sue storie adulte e un nutrito gruppo di personaggi azzeccati, le avventure di PKNA hanno formato una generazione di appassionati ‘Pkers’, ragazzini negli anni Novanta – ormai adulti – che spesso ricordano con nostalgia quella serie. E ne chiedono il ritorno.
Leggi anche: il trailer della nuova storia di PK
Per il loro piacere – e nostalgia – così come per il gusto (si spera) dei ragazzini degli anni Duemiladieci, la notizia di questi giorni è quindi quella di un gradito ritorno: il 2 luglio, sulle pagine di Topolino n° 3058, uscirà il primo episodio dell’atteso rilancio di PK. Non un “What if…”, una variazione sul tema, come quello recentemente scritto da Faraci su Paperinik Appgrade; ma nemmeno una ristampa delle storie migliori. Bensì un vero e proprio ciclo di nuove avventure, che rispolverano il cast della serie. Ovviamente gli autori sono tre fra le colonne portanti di PKNA: Francesco Artibani ai testi, Lorenzo Pastrovicchio ai disegni e Max Monteduro ai colori.
Per avvicinarci alla data, abbiamo chiacchierato del progetto proprio con Artibani. In modo da chiarire meglio cosa aspettarci il 2 luglio.
Qualche tempo fa, sul tuo account Facebook, hai associato il ritorno di due “miti” degli anni Novanta, richiesti a gran voce dai loro fan: PK e il Winner Taco. Perché pensi che PK abbia ancora qualcosa da dire e (a differenza del celebre gelato) non sia solo oggetto di nostalgia?
La vicenda del Winner Taco ancora oggi rappresenta per me un mistero. Meno misteriosa è la nostalgia per PK, una serie a fumetti che ha segnato un momento particolare per il fumetto disneyano italiano e per i suoi lettori. Quel personaggio e tutto il mondo che gli era stato creato intorno sono stati una piccola rivoluzione e quella rivista ha dimostrato il grande potenziale che il fumetto Disney aveva e ancora ha. Nel caso di PK secondo me non si tratta di nostalgia ma del desiderio di avere ancora nuove avventure da leggere perché nel momento in cui la seconda serie è stata interrotta era evidente a tutti – autori e lettori – che c’era ancora tanto da raccontare. A differenza del Winner Taco, il cui sapore è sempre lo stesso, con PK c’era qualcosa di nuovo in ogni episodio.
Com’è nato il progetto della nuova serie?
L’idea è stata costruita con Lorenzo Pastrovicchio – che non è “soltanto” il disegnatore delle quattro puntate ma è, a tutti gli effetti, co-autore della trama (e ci tengo a sottolinearlo). Ne abbiamo parlato a lungo, rilanciando spunti e intrecci che Lorenzo arricchiva con bozzetti e altre suggestioni grafiche sui personaggi, i mezzi e gli ambienti. Quando il soggetto ha preso la sua forma finale ne abbiamo parlato con la redazione (anche se è più corretto dire che abbiamo rotto le scatole a oltranza a tutti per mesi) e finalmente Valentina De Poli – che non ringrazieremo mai abbastanza per questa opportunità – ci ha dato il via libera per procedere. La gestazione del progetto è stata un po’ lunga ma l’operazione era abbastanza articolata e comprendeva degli sviluppi extrafumettistici inediti.
Ci puoi anticipare brevemente di cosa si tratterà? Sarà la continuazione di PK o qualcosa di completamente diverso?
La storia racconta del ritorno di Pikappa, un eroe che rientra in scena dopo un lungo periodo di inattività. È passato del tempo per Paperino ma per affrontare una minaccia terrificante sarà costretto a indossare ancora una volta, probabilmente l’ultima, il suo leggendario costume. Ma, al di là dell’intreccio, l’intenzione era quella di mettere in scena un’avventura articolata e ricca di sorprese capace di coinvolgere i vecchi fan (i benemeriti Pkers) ma soprattutto interessare i nuovi lettori. Queste quattro puntate avranno quindi molti riferimenti alle vicende narrate nelle prime due serie di PK ma saranno assolutamente leggibili da chi PK non l’ha mai sfogliato.
I Pkers si aspettano tre grandi ritorni, grandi assenti della seconda serie: gli evroniani, il Razziatore e Uno.
Senza rovinare la sorpresa a nessuno quello che posso dire è che non resteranno delusi e che troveranno molte cose nuove in queste 160 pagine – anzi 162 (questo è un indizio, non sono io che non so più contare…).
Come è nato il team creativo?
La formazione della squadra di lavoro è stata più agile che mai; dell’incontro con Pastrovicchio ho già detto e a noi si è unito Max Monteduro, colonna di PK nonché maestro del colore. Per ricreare l’atmosfera di PK poteva esserci solo lui. Abbiamo lavorato tutti in scioltezza e rapidità, come se avessimo scritto, disegnato e colorato pagine di PK fino a pochi giorni prima. La redazione, con Davide Catenacci, Stefano Petruccelli, Francesca Agrati e Luana Ballerani ha reso possibile tutto questo e li ringrazio davvero perché in pochi mesi siamo riusciti a mettere insieme un numero di pagine considerevole senza neanche un intoppo. Un ultimo ringraziamento va anche a Simone Paoloni che ha affiancato Lorenzo nel lavoro di inchiostrazione delle tavole rispettando una tabella di marcia letale.
Pastrovicchio e Monteduro sono due veterani di PK. Come hanno contribuito alle nuove storie?
Cogliendo subito lo spirito del nuovo PK, un personaggio che torna in scena più maturo e con una nuova consapevolezza, quella di non essere forse all’altezza delle aspettative. Lorenzo e Max lo sono stati impegnandosi al massimo e non risparmiandosi per non mancare l’appuntamento del 2 luglio. E dal punto di vista dei contenuti con Lorenzo ho discusso molto mettendo insieme tanti spunti e sviluppi, nel caso in cui PK dovesse tornare in azione ancora una volta.
Perché è stato deciso di pubblicare PK su Topolino e non di dedicargli una testata a parte o un albo speciale?
La questione è molto semplice: “Topolino” è la miglior vetrina possibile per il rilancio di PK. La rivista ha un pubblico enorme di lettori ed è un settimanale popolare e diffusissimo. In questo momento sarebbe stato un grande rischio affrontare l’edicola con un mensile completamente nuovo e dunque “Topolino” è stato l’approdo naturale per questo progetto. La storia non è stata edulcorata, ammorbidita o ingentilita per “Topolino” ma sicuramente abbiamo ragionato a lungo sul layout delle pagine per avere tavole a fumetti leggibili nel formato ridotto del settimanale, pagine che, allo stesso tempo, fossero anche rispettose di quella che era ed è l’impaginazione caratteristica di PK. Con Lorenzo abbiamo realizzato delle tavole di prova per prendere le misure con il racconto e poi siamo partiti senza fermarci fino all’arrivo. Questa uscita su “Topolino” è un test importante per tante ragioni e se i risultati dovessero essere positivi e incoraggianti come tutti ci auguriamo, a questo ritorno potrebbero seguirne altri.
Nella comunità dei fan disneyani, i Pkers sono certamente tra i più numerosi, coesi e soprattutto… fissati. Forse persino più di Barksiani, Scarpiani, Ciminiani. Che difficoltà hai incontrato a scrivere sapendo che dovevi accontentare un pubblico così esigente, e al tempo stesso parlare a tutti quei lettori di Topolino che nel 1996 non erano nemmeno nati?
Ho scritto una storia rispettando il carattere del protagonista e dei suoi comprimari ma facendoli muovere con la consapevolezza che qualcosa, in tutti questi anni, era cambiato. Di sicuro non ho messo insieme 160 pagine per accontentare i continuitydipendenti e i pkers integralisti perché l’obiettivo era raccontare una storia per tutti (naturalmente senza contraddizioni rispetto le due serie precedenti). Per riuscire nell’impresa – e spero di aver centrato l’obiettivo – sono ripartito dai personaggi facendo recitare dei caratteri credibili e allo stesso tempo più maturi e andando poi a intervenire su alcuni punti lasciati in sospeso dalle precedenti storie. Rispondendo a quegli interrogativi ho cominciato a costruire la storia. Sono convinto che anche i pkers più inflessibili sapranno avvicinarsi alla storia con la stessa curiosità di chi PK non l’ha letto mai.
Uno dei fattori che ha decretato il successo di PK è stato il formato comic book, che permetteva di godere meglio i disegni e lo differenziava dal resto della produzione disneyana. C’è speranza di vedere queste storie ristampate in formato più ampio?
Questo è un po’ presto per dirlo, ma naturalmente ci spero, perché le pagine realizzate da Lorenzo Pastrovicchio sono straordinarie e un formato più grande le renderebbe in tutto il loro splendore.
Su Facebook, all’annuncio della nuova serie, è sorta una polemica sulla presunta estraneità di PK dalla poetica Disney, e di come la sua pubblicazione su Topolino possa infastidire i lettori più tradizionali. PK è davvero così distante dai fumetti ospitati dal settimanale da allontanare qualche lettore?
Diciamo che erano più stimolanti le discussioni sul tema annoso “Winner Taco sì/Winner Taco no”. Il settimanale “Topolino” è un contenitore di storie, con 4-5 racconti in ogni numero e dunque PK può tranquillamente occupare per 4 settimane uno spazio nel giornale. Se un lettore dovesse allontanarsi da “Topolino” per la presenza di PK quello sarebbe un lettore che, a mio parere, non ha capito molto della lezione di Walt Disney, un creativo che della sperimentazione ha fatto, da sempre, il suo marchio di fabbrica. Il concetto di tradizione disneyana, quando espresso in modo conservativo, è un concetto sbagliato che è sostenuto da alcuni difensori fuori dal tempo. PK ha rappresentato e rappresenta ancora oggi un modo diverso di raccontare una storia disneyana ma lo spirito dei personaggi e i valori che quei caratteri incarnano sono totalmente disneyani. Il mondo di Disney è sempre stato un mondo in movimento dove nessuna sfida è troppo difficile se porta a una crescita e a un cambiamento. PK, a modo suo e molto rispettosamente, cerca di seguire questi principi.
Quasi vent’anni fa ci furono PK prima, e MMMM poi: due serie disneyane che adoperavano un linguaggio più complesso, rispetto alle storie di Topolino. C’è ancora la possibilità, o addirittura il bisogno, di serie “adulte” con topi e paperi?
Non so se si tratti di una vera necessità da parte di autori e lettori ma di sicuro topi e paperi sono personaggi che si prestano agli utilizzi più vari. Sono dei caratteri universali capaci di raccontare qualsiasi storia – o quasi. Con Panini e con “Topolino” diretto da Valentina De Poli c’è senz’altro la possibilità di proporre, immaginare e sperimentare perché l’obiettivo di tutti è quello di divertire (e divertirci) con l’universo narrativo disneyano.
L’eredità di PK è visibile in molta produzione Disney attuale, DoubleDuck in primis. Cos’ha lasciato PK alla Disney? Come è cambiato per gli autori il modo di approcciare i personaggi tradizionali?
La lezione di PK sembra quasi ricalcare il classico “Se puoi sognarlo, puoi farlo…” di Disney. PK per quello che mi riguarda rappresenta la forza delle buone idee capaci di aggregare energie ed entusiasmi. Il PK del 1996 è nato così e ha dato vita a una stagione fumettistica bellissima che per me e per molti altri autori è stata assolutamente determinante. “W.i.t.c.h.” è nato con lo stesso spirito e in entrambe le esperienze c’è stato il grande lavoro di squadra a fare la differenza. Per gli autori non credo sia cambiato il modo di affrontare i personaggi tradizionali; se rispetti il loro carattere puoi portarli ovunque, l’importante è non tradirli mai e non cercare di fargli ombra.