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Sacro/Profano e i big bad wolves: l’amore e il sesso in Mirka Andolfo

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La sinossi di Sacro/Profano, in estrema sintesi: il fumetto racconta la storia d’amore – e di pochissimo sesso – fra un’avvenente angioletta e un assatanato diavolo.

sacro profano andolfo

Dopo aver spopolato sul web  (al momento più di 42.000 “mi piace” sulla pagina Fb), essere stato pubblicato in Francia sulla rivista Lanfeust Mag (Soleil) ed aver venduto, all’ultima edizione di Lucca Comics&Games  la ragguardevole cifra di 1500 copie in quattro giorni, il webcomic di Mirka Andolfo è approdato in libreria a fine 2013 grazie a Edizioni Dentiblù.

La Andolfo è una disegnatrice e, soprattutto, una colorista dalle notevoli capacità. Del suo lavoro ho parlato abbondantemente sia QUI che QUI e Sacro/Profano, che avevo già avuto modo di seguire sul web, riconferma la mia opinione sulle sue competenze. Una professionalità che l’ha portata a vantare, giovanissima, un curriculum che include diverse collaborazioni nazionali e internazionali. Si è già detto su Fumettologica, inoltre, come l’ultima edizione di Lucca C&G abbia sancito la definitiva affermazione dei webcomics, e in questo campo il lavoro della Andolfo si distacca nettamente dalla “concorrenza” affacciatasi in questo specifico settore, spesso più amatoriale. Per rendersi conto della sua versalità basta dare un’occhiata al suo blog o comparare le diverse tavolozze da lei utilizzate su alcune storie pubblicate su Topolino. Consiglio, ad esempio, Il primo fumetto della storia, la notevole Dracula di Bram Topker e Pippo e Gambadilegno e… il colpo da 3000, forse la più interessante dal punto di vista coloristico.

Al suo esordio sul web le brevi storie di Sacro/Profano si erano distinte proprio per la cura realizzativa. Le tavole, disegnate con uno stile morbido e cartoonesco e dalla brillante – in molti sensi – colorazione digitale, erano tutte giocate su un unico spunto narrativo: gli sforzi del povero Damiano, che cercava di attentare alla virtù della bella Angelina, contrapposti a quelli di lei, decisa a tutti i costi a preservarla. E nella maggior parte questo tipo di approccio iterativo, tipico delle strisce, funzionava piuttosto bene. Lo stile grafico piacevole e infantilmente sensuale, che coniuga il manga al versante più nipponico della scuola europea (vedi Barbara Canepa), la struttura narrativa da situation comedy piccante, con più di un debito verso il Rat-Man di Leo Ortolani e un ottimo senso del ritmo sono tutti elementi che contribuivano a portare a casa i due risultati che la serie si proponeva: strappare una risata e (lievemente) eccitare.

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Nel passaggio al volume si è cercato di rinforzare quella continuity che le tavole singole suggerivano appena. E l’operazione, grazie ad un nuovo inizio, ad alcune tavole di raccordo – sempre autoconclusive – e ad un finale (sospeso, per suggerire la continuazione della storia nel prossimo volume) viene condotta in porto con successo, anche se non sempre si riesce ad evitare qualche rigidità.

Ciò che di nuovo emerge, invece, è altro: potremmo chiamarlo il “messaggio” di Sacro/Profano.

In conclusione alla prefazione al volume, Fabrizio Mazzotta scrive:

Il disegno ha un tratto morbido e leggibile, e le gag sono tutte maliziose ma mai volgari e, man mano che si sfogliano le pagine, tra un sorriso e l’altro ne veniamo at-tratti, capiamo che Damiano e Angelina non sono poi così opposti, e sono molto vicini a noi, molto simili al nostro modo di essere, al nostro quotidiano. Noi somigliamo a loro.

Sorvolo sul “noi somigliamo a loro”, assunto aprioristicamente come valore assoluto. Ce ne sarebbero di cose da dire sul fatto che il riconoscimento sia sempre qualcosa di positivo, ma visto che questo punto di vista ha recentemente sollevato non poche polemiche e che il tema non è centrale rispetto al tono “leggero” di Sacro/Profano, mi concentrerò su un’altra parte della frase appena citata, forse più interessante e pertinente: “maliziose ma non volgari”.

Perché specificarlo? Siamo sicuri che le storie di Sacro/Profano non siano volgari? E siamo certi che, se anche lo fossero, ciò sarebbe svilente? Cosa ci dice questo mettere le mani avanti rispetto alla volgarità (che non si capisce bene cosa sia ma negarne la presenza sembra, evidentemente, necessario)?

Devo ringraziare P. L . F.  per avermi fatto conoscere – ripetutamente – una frase pronunciata da Ken Finkleman a proposito del film Argo: “Argo message: The CIA may have trained Savak, but Ben Affleck proves all is forgiven if we believe in family.”

In Sacro/Profano succede qualcosa di non molto diverso.

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La “morale” che emerge dal volume di Sacro/Profano, e che era molto meno invasiva nelle tavole autoconclusive, è che si può anche parlare di (o alludere a) sex toy, coprofagia, sesso con animali di pezza, toy boy, sesso omosessuale etc. ma alla fine l’unica cosa che dà vero sapore al sesso, che lo concretizza, che gli dà un senso è l’amore (dalla trappola de “l’unica cosa che dà senso al sesso è il matrimonio” l’autrice si è salvata in corner).

Non so bene cosa sia la volgarità, dunque, però sono certo che se ne avessi trovata di più in questo volume il mio giudizio sarebbe stato diverso. Così come si presenta, invece, al di là dell’aspetto patinato, delle scenette ammiccanti e delle forme procaci, il libro di Sacro/Profano appare solo profondamente ecumenico e conservatore. Qualcosa che magari può far storcere il naso a qualche mamma particolarmente conservatrice, ma che alla fine mette d’accordo tutti. Tanto, alla fine, arriva l’amore.

Continuo a non sapere cosa sia la volgarità, ma sovente è quella cosa che fa della narrativa fatta con competenza una buona narrativa. Spesso anche ottima perché, al di là del riconoscimento – o, per meglio dire, il riconoscimento con un modello che sostituiamo alla percezione reale di noi stessi – che è confortante e ci lascia, il più delle volte, così come ci trova, permette di cambiare la nostra visione del mondo. Naturalmente questa è una lettura che va oltre l’intenzionalità dell’opera ma tiene conto di una percezione che, se nelle tavole singole pubblicate su fb era secondaria, nello strutturarsi delle vicende di Angelina e Damiano in un racconto complesso, emerge inevitabilmente.

Una scena pare particolarmente indicativa di questo atteggiamento. A pagina 45, dopo che Damiano, finalmente, ha raggiunto la “maturità” necessaria per chiedere la mano ad Angelina, scopriamo che il diavolaccio ha mandato un messaggino ad un’amica di Angelina, Michela, particolarmente libertina, per preavvertirla del lieto evento. Quando Angelina gli chiede il perché di questo gesto si passa alla vignetta successiva, dove, attraverso una didascalia, possiamo leggere la risposta di lui: “mah, così…volevo togliermi uno sfizio”. Nel disegno sottostante assistiamo alla crisi di nervi di Michela la quale, trattenuta a stento dalle amiche, urla:

Quella verginella si accasa prima di meeehh che l’ho data ai quattro venti

Ecco dunque che il sesso di Sacro/Profano si svela per quello che è: un semplice strumento di scambio. Qualcosa che serve solo ad accasarsi. Privo di valore in sé, come pulsione e gioco dei sensi, si presenta solo come merce da utilizzare in una contrattazione, che perde valore se “disperso”, mentre lo acquisisce se trattenuto e capitalizzato.

Ecco, dunque, che un altro esempio portato da Mazzotta nell’introduzione al volume, il lupo erotomane di Tex Avery, con la sua eccitazione rapace e animalesca (in ben altri anni e ben altri contesti) che lo porta, in un parossismo di arrapamento, fino alla morte, non regge il paragone.

In coda, un altro “Big Bad Wolf”

http://www.youtube.com/watch?v=vVRDYTyWHnk

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