Anche a Fumettologica è tempo di porsi la rituale domanda di fine anno: quali fumetti ricorderemo, tra quelli usciti nel 2013 (in Italia)? Ed eccoci al dunque – dopo un lungo lavoro di riletture, scambi e discussioni tra collaboratori – con il nostro Best of 2013. Una selezione con la quale vi accompagneremo lungo tutta la settimana. Ogni giorno, infatti, offriremo un recap di quanto di meglio abbiamo letto quest’anno, in diverse categorie: graphic novel, serie, riedizioni, autoproduzioni.
Per cominciare, nell’anno in cui un’indagine dell’Associazione Italiana Editori (Aie) ha sancito – per la prima volta – il “peso specifico” dell’offerta di graphic novel nella produzione totale di titoli di fiction (10,8%), ci sembrava giusto partire da qui: la nostra selezione dei 10 migliori graphic novel del 2013. Tra i quali tre lavori di autori italiani e due manga (ma anche un francese, un americano, un inglese, un’austriaca e un’israeliana, per la precisione).
10 – Golem Stories, di Sammy Harkham (Coconino Press)
Fumettista e editor, animatore (di buona parte) della scena underground americana, Harkham è la mente dietro la seminale antologia indipendente Kramer’s Ergot. Golem Stories ne raccoglie tutte le storie brevi – alcune brevissime – in un solo libro. Una produzione limitata, segnata da un esistenzialismo dolente che si mescola al nonsense, spesso incarnato in corpi sgraziati che si muovono in (splendidi) spazi smisuratamente più pregni. Ma anche un autore colto e competente, capace di mescolare il passato e il presente del fumetto americano – dalle strisce al fumetto alternativo – come pochi altri.
9 – Troppo non è mai abbastanza, di Ulli Lust (Coconino Press)
Il racconto del viaggio in Italia alla metà degli anni Ottanta dell’austriaca Ulli Lust, offre una serie di ricordi straordinariamente accurati di due mesi di vagabondaggio, riletti a distanza di 25 anni. L’autrice descrive con meticolosità un periodo segnato da dubbi, malessere esistenziale e episodi disgustosi vissuti nella Sicilia dell’epoca, fra droghe, abusi sessuali e l’ombra della mafia. Un viaggio on the road con momenti drammatici, ma non senza una buona dose di ottimismo.
8 – Ogni maledetto lunedì su due, di Zerocalcare (Bao Publishing)
Ne siamo convinti: i fumetti pubblicati da Zerocalcare sul suo blog resteranno, negli anni a venire, un punto fermo per raccontare – e capire, ridendo (amaramente) – l’Italia di oggi dal punto di vista di chi “non può non dirsi trentenne”. La metafora chiave, qui, è quella del naufragio (la società è la nave e i giovani sono in terza classe).
Come ha scritto Nicola Villa: «I superstiti, tutti coetanei trentenni, sono ognuno singolarmente aggrappato a tavole di legno per non andare a fondo, tutti soli e contemporaneamente nelle stesse condizioni, non hanno altra alternativa che tenersi a galla, mentre alcuni riescono anche a costruirsi una zattera (un misero impiego alle Poste), qualcuno rimedia addirittura un motoscafo (i privilegi di classe sociale) e altri non ce la fanno più a reggersi e vanno a fondo “quasi sempre in silenzio o forse sei tu che sei troppo impegnato a stare a galla per accorgertene”». Questa raccolta sancisce non solo il “fenomeno web” che è Zc, ma il suo essere un fumettista italiano davvero (finalmente?) contemporaneo.
7 – Verso una nobile morte, di Shigeru Mizuki (Rizzoli Lizard)
In Europa Mizuki è visto come un sofisticato maestro del passato; in Giappone, è semplicemente uno dei più popolari mangaka di sempre. Dopo alcuni assaggi della celebre serie Kitaro (GP Publishing), e un autentico capolavoro come NonNonBâ (Rizzoli Lizard), la traduzione di Verso una nobile morte completa il ritratto di un gigante del fumetto.
Disegni che mescolano leggerezza cartoonesca e sentimento ‘panico’ per la natura e gli oggetti; frammenti autobiografici che incrociano i drammi della Storia; e una profondità di riflessione che scuote ed emoziona. La vicenda narrata qui riguarda gli ultimi giorni di combattimento dell’esercito giapponese, durante la Seconda guerra mondiale, secondo un’ottica antimilitarista che smonta il mito della “nobile morte” (gyokusai): non tutti i soldati vollero immolarsi alla patria, come kamikaze. La guerra – ci ricorda Mizuki – è una macchina simbolica che annulla gli individui. Ma nella disperazione che genera, si nascondono poderosi anticorpi.
6 – Io René Tardi prigioniero di guerra allo Stalag 2B, di Jacques Tardi (Coconino Press)
Con questo libro l’autore concretizza un progetto coltivato durante tutta la vita: trarre un fumetto dai diari del padre, gran parte dei quali incentrati sulla sua esperienza di soldato, e in particolare sulla prigionia in un campo tedesco.
Dopo tanti lavori fondamentali sulla Grande Guerra, Tardi guarda al Secondo conflitto mondiale come una sorta di inevitabile conseguenza del precedente. E si concentra sulle profonde contraddizioni fra il proprio pacifismo e la necessità – non solo paterna – di combattere il nazismo.
5 – Corpicino, di Tuono Pettinato (GRRRzetic)
Analizzare la società attuale a partire da alcune precise ossessioni. Per esempio come la drammatizzazione mediatica della cronaca nera. E tutto ciò non solo con ironia e sarcasmo, ma con un “senso della battuta” sincero, istintivo e senza complessi. Di più: sfatare il sentimentalismo patetico che attraversa i riti giornalistici in occasione di tragedie che coinvolgono i minori – da Vermicino in poi – può essere un’occasione per farsi beffe, criticamente, del cinismo dei media.
Nel caso di Tuono Pettinato, tutto questo è possibile attingendo alle migliori risorse del grande fumetto umoristico. E il fumettista pisano, spassoso e consapevole, colto e giocherellone, si conferma uno degli autori italiani più interessanti degli anni Duemila.
4 – Il Nao di Brown, di Glyn Dillon (Bao Publishing)
Il ritorno del “fratello bravo di quello di Preacher” (Recchioni dixit) al fumetto, dopo 15 anni, è uno dei libri più sorprendenti dell’anno. Da un lato per il trasporto emotivo nel racconto della malattia (disturbi ossessivo-compulsivi) della protagonista. Dall’altro per il tour de force artistico, fatto di acquarelli mozzafiato, storytelling impeccabile e di una vivace contaminazione fra sensibilità grafiche british, francesi e giapponesi.
In una specie di equivalenza con l’“iperattività” mentale, l’energia del disegno e dei colori (e dei sogni) sembrano quasi suturare gli scompensi di Nao. E noi, con lei, fluttuiamo in una storia che sembra farci perdere. Come in una strana, misteriosa esplorazione: la ricerca di sé – e dell’amore – da parte di una ragazza unica.
3 – Opus, di Satoshi Kon (Manga Planet)
I fumetti possono essere (anche) dei veri e propri rompicapi. E Opus lo dimostra come pochi. La trama racconta il cortocircuito percettivo tra un autore e il suo fumetto, nel quale “finisce” letteralmente per ritrovarsi, in un andirivieni fra realtà e finzione fumettistica che lascia stupefatti.
Un metafumetto dotato di una complessità (e leggerezza) che nemmeno il miglior Grant Morrison. E l’opera giovanile di Satoshi Kon, un allievo di Otomo – prematuramente scomparso nel 2010 – che nel 1995/96 iniziava a liberarsi dall’influenza del maestro, per diventare uno dei maggiori registi di anime, e un virtuoso della narrazione onirica.
2 – La proprietà, di Rutu Modan (Rizzoli Lizard)
Il libro racconta la storia di una vecchia signora e della nipote, giunte in Polonia per cercare di recuperare la proprietà della famiglia, spogliata dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Un contesto serio, in cui scopriamo che la nonna ha celato alla famiglia, per anni, un oscuro segreto. Ma la trama volge pian piano in una commedia di caratteri leggera, fondata su mezze verità e misteri a metà, custoditi da una vecchia signora un ribelle.
Il disegno composto – nella tradizione della linea chiara franco belga – la trama di grande equilibrio e il ritmo impeccabile fanno de La Proprietà un autentico esempio di “perfezione fumettistica”.
1 – unastoria, di Gipi (Coconino Press)
Che Gipi riprendesse a creare fumetti non era (del tutto) scontato. Ancor meno che il suo rientro coincidesse con un simile gioiello. Eppure è andata così. Unastoria è il lavoro di un Gipi maturo che affronta il tema stesso della maturazione. A modo suo, naturalmente. Ovvero scegliendo la strada dell’equilibrio instabile: una specie di complessità travestita da confusione. Confusione di personaggi (Silvano chi? Quale? E se fosse un po’ Gipi?), di luoghi (la stazione di servizio, l’ospedale, casa, la stazione di servizio, la Guerra, la stazione di servizio), di storytelling (chi parla? Dove/quando siamo?), di tecniche (acquarelli commoventi, disegnacci all’impronta, sequenze da “fumetto-fumetto”).
Né fiction né autobiografia, né trama né astrazione, né perfezione “paracula” né eclettismo sterile: là dove molti si perderebbero, Gipi danza. Il caos interiore ed estetico può diventare armonia. E suggerire parole antiche, come “bellezza”.
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*Hanno contribuito alla selezione: Adriano Ercolani, Dario Forti, Paolo Interdonato, Federica Lippi, Daniela Mazza, Niccolò de Mojana, Evil Monkey, Andrea Queirolo, Emanuele Rosso, Matteo Stefanelli, Valerio Stivé, Andrea Tosti, Tonio Troiani.
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