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Alcune storie brevi (e senza pietà)

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«C’è chi dice che il racconto sia una delle forme letterarie più difficili, e io mi sono sempre chiesta il perché di questa convinzione, visto che a me pare uno dei modi più spontanei e fondamentali dell’espressione umana». Così, Flannery O’Connor – scrittrice (e, fatto poco noto, vignettista negli anni giovanili) – si esprimeva nell’incipit di Writing Short Stories, per poi ritornare velocemente su suoi passi e constatare la difficoltà di dar forma al racconto. Certo, il racconto è una forma connaturata all’uomo: da sempre ci si racconta e si raccontano storie, cercando di dare ordine alla vita. Ed è innegabile che ognuno di noi sia una fonte e un groviglio di possibili narrazioni. Eppure, a questa risorsa naturale non sempre corrisponde un’altrettanto naturale capacità di saper raccontare.

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Sempre secondo la O’Connor, «molti decidono di mettersi a scrivere racconti perché sono brevi, e brevi in tutti i sensi del termine. Credono che un racconto consista in un’azione incompiuta nella quale poco viene rivelato e molto suggerito, convinti che suggerire significhi omettere». Così facendo, tuttavia, si rischia di perdere di vista il significato dell’azione drammatica: il peso specifico nella narrazione dell’azione drammatica è ciò che, a detta della scrittrice, fa sì che il racconto non sia breve, a dispetto della sua brevità. Significa sapere giocare con il tempo e con i significati. Significa rompere -anche- le aspettative di chi ci ascolta, descrivendo così nuove reti di relazione e scoprendo l’insolito oltre la banalità. Nel mondo del fumetto, poi, il racconto breve ha sempre avuto una sua peculiare importanza, adattandosi di volta in volta ai generi e alla tendenze. Forse, la stessa cosiddetta Golden Age del fumetto americano passa proprio attraverso la short story e il mirabolante talento di autori che ne hanno esplorato le mille sfaccettature, condensando una visione del mondo in poche pagine.

Le nuove frontiere del web hanno riportato nuovamente alla ribalta le potenzialità della forma breve – dalla strip al racconto, esplorando anche nuove forme di fruizione – contro certe forme di “massimalismo” legate alla pervasività del graphic novel. Nonostante ciò, molto spesso anche i webcomics orbitano intorno alla serialità, o testano a piccole dosi narrazioni di più ampio respiro, guardando ancora con diffidenza alla forma breve e autoconclusiva: cioè alla short story più che al novel. Come se la brevità per l’appunto fosse inadatta a illuminare, descrivere, analizzare un mondo o lacerti di mondo come invece, da sempre, il romanzo è stato in grado di fare.

In realtà, il fumetto, per la sua natura drammatica e per la capacità di mostrare direttamente il particolare, asseconderebbe appieno l’essenza di quello che la O’Connor riteneva dovesse essere un racconto. Ed eccomi a un’occasione casuale: mi è accaduto di leggere il volume altre Storie Brevi e Senza Pietà di Marco Taddei e Simone Angelini, edito da Bel Ami Edizioni. Una raccolta di racconti che serve a confutare qualsiasi diffidenza verso la brevità dei racconti brevi autoconclusivi.

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Questo volume non è un seguito dei racconti apparsi nel precedente Storie Brevi e Senza Pietà, ma si muove nello stesso solco, mischiando con sapienza e naturalezza la  scrittura lucida e spietata di Marco Taddei con il tratto essenziale ma efficace di Simone Angelini.

Le storie raccontate dal duo sono composte con situazioni che, eludendo il naturalismo, assumono un forte grado di universalità. La vena fantastica è, comunque, rigorosamente attenta al reale, e anzi anche quando ci si imbatte in uomini con il volto fatto di cartapesta, o in mosche giganti innamorate dei social network, o ci capita di incontrare Mario all’Inferno, le situazioni narrate sono così disperatamente ancorate alle nostre vite da non lasciarci interdetti. Il Surrealismo, in realtà, non è che una piega cangiante della Realtà: o il suo volto reale dietro la consuetudine del banale.

Nella prefazione, a proposito di Storia di Mario all’Inferno, Ratigher scrive:« […] a dispetto del titolo didascalico, l’Ade che ci narrano Simone e Marco è frutto di una visione inedita dove il dolore non è la pena. L’inferno è la versione priva di orpelli del vivere quotidiano della maggior parte di noi». In una sfrenata metafora aziendale, l’Inferno è l’immagine speculare delle nostre vite fatte di giorni sempre uguali, intrappolato tra il lavoro e il nostro spleen esistenziale.

Le otto storie si susseguono tracciando un campionario umano (e non) in cui solitudine e disperazione ruminano a fianco del lettore, sino a scomodare potenze supreme come Satana e La Morte. Quest’ultima protagonista di un racconto che sembra un distorsione estrema – e aggiornata all’epoca dell’autopromozione mediale – delle fantasie metafisiche di Bergman.

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Sospesi tra le mirabolanti favole di Aimee Bender e i racconti neri di Koren Shadmi, le Altre Storie Brevi e Senza Pietà di Taddei e Angelini sono una bella sorpresa, che si distingue dal marasma di pubblicazioni indipendenti spesso autoreferenziali o anodine. Una piacevole conferma, o una piacevole (ri)scoperta.

altre Storie Brevi e Senza Pietà
di Marco Taddei e Simone Angelini
Bel Ami Edizioni, 2013
113 pagine, € 10,00

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